Secondo la
relazione sottoscritta da 145 scienziati provenienti da 50 Paesi diversi
oggi l’ambiente si sta degradando più velocemente di quanto non abbia
mai fatto durante l’intera storia dell’umanità. La ragione principale di
questa crisi sarebbe il modello economico insostenibile del
capitalismo.
L’ONU
ha pubblicato la prima relazione dal 2005 sulla condizione
dell’ambiente e della biodiversità. Gli esperti hanno tracciato un
quadro poco promettente: già oggi il 25% di tutte le specie biologiche è
a rischio estinzione.
Gli esperti sono preoccupati soprattutto per il futuro dei coralli. Il 33% delle specie coralline potrebbe estinguersi per via dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Se l’aumento delle temperature continuerà, verso la metà di questo secolo il 99% delle barriere coralline scomparirà. Si tratta di uno degli ecosistemi marini più ricchi, indispensabile per la sopravvivenza di numerose specie e comunità umane costiere.
Il capitalismo e le 5 ragioni del degrado
Nella relazione vengono menzionate le 5 ragioni principali che hanno portato all’attuale crisi ambientale. In particolare, sono cambiamenti nell’utilizzo di terre e oceani, sfruttamento diretto di organismi vivi, cambiamenti climatici, inquinamento ambientale e diffusione di specie invasive. Alla base di questi fattori vi è un modello economico insostenibile che non tiene in conto dell’impatto ambientale.
Un modello di sviluppo alternativo è proposto dalle comunità autoctone che popolano circa il 25% del pianeta. Le ricerche dimostrano che anche nei loro habitat la natura selvaggia è a rischio, ma molto meno di quanto lo sia nelle aree civilizzate. Altre soluzioni del problema includono metodologie di coltivazione e di gestione della pesca più sostenibili, nonché la rinuncia agli incentivi per l’estrazione di combustibili fossili.
Se l’uomo non attuerà misure estreme, nei
prossimi decenni morirà quasi un milione di specie di animali, vegetali e
funghi. L’ecologo Robert Watson, presidente della Intergovernmental
Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES)
che ha stilato la relazione, ha osservato che oggi l’ecosistema si sta
degradando più velocemente di quanto non avvenisse in passato. È una
minaccia importante per l’economia, la sicurezza alimentare e la qualità
della vita in tutto il mondo.
La crisi ecologica ha interessato anche le zone più recondite del
pianeta. Alcuni gruppi di animali e vegetali ne hanno sofferto più di
altri. Ad esempio, a rischio di estinzione si trova il 40% degli anfibi e
più di un terzo dei mammiferi marini.Gli esperti sono preoccupati soprattutto per il futuro dei coralli. Il 33% delle specie coralline potrebbe estinguersi per via dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Se l’aumento delle temperature continuerà, verso la metà di questo secolo il 99% delle barriere coralline scomparirà. Si tratta di uno degli ecosistemi marini più ricchi, indispensabile per la sopravvivenza di numerose specie e comunità umane costiere.
Il capitalismo e le 5 ragioni del degrado
Nella relazione vengono menzionate le 5 ragioni principali che hanno portato all’attuale crisi ambientale. In particolare, sono cambiamenti nell’utilizzo di terre e oceani, sfruttamento diretto di organismi vivi, cambiamenti climatici, inquinamento ambientale e diffusione di specie invasive. Alla base di questi fattori vi è un modello economico insostenibile che non tiene in conto dell’impatto ambientale.
Secondo gli esperti, proprio il capitalismo
moderno sta portando all’espansione urbana, alla pesca eccessiva e
all’esaurimento delle terre coltivabili.
Gli esperti invitano gli uomini a rinunciare a strumenti economici che mettano a repentaglio l’esistenza della vita sul pianeta.Un modello di sviluppo alternativo è proposto dalle comunità autoctone che popolano circa il 25% del pianeta. Le ricerche dimostrano che anche nei loro habitat la natura selvaggia è a rischio, ma molto meno di quanto lo sia nelle aree civilizzate. Altre soluzioni del problema includono metodologie di coltivazione e di gestione della pesca più sostenibili, nonché la rinuncia agli incentivi per l’estrazione di combustibili fossili.
Secondo alcuni ricercatori, proprio il
capitalismo sarebbe la ragione del riscaldamento globale. In un’economia
basata sull’ottenimento del massimo guadagno è impossibile anche solo
immaginare la riduzione delle emissioni di gas serra.
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