Zanzara, insetto fastidioso ma utile
Un mio amico filosofo, che ama la natura, ma fino a un certo punto, e che tollera gli animali solo se non gli danno un qualche fastidio, mi ha chiesto a che diavolo servirebbero le zanzare. Siccome è anche credente, ha dichiarato che sono, con ogni probabilità, un castigo escogitato da Dio per punire i nostri peccati.
Ora, se si tratta delle zanzare anofele, che portano in giro il plasmodio della malaria, sono tentato anch'io di pensarla così. Visto, però, che non abitiamo in quelle zone del pianeta dove questa malattia terribile, che a tutt'oggi provoca la morte di un milione di bambini ogni anno, ma siamo in Italia, dove la malaria è stata debellata da più di cinquant'anni, le punture, capaci di provocare solo la molestia di un prurito locale, e raramente delle allergie o delle patologie, se sono un castigo, beh, deve essere per dei peccati veniali, e di poco conto.
In realtà, per passare dalla teologia all'ecologia, di cui sono più esperto, dirò subito che le zanzare, comparse sulla terra molto prima di noi, e che possono vantare così qualche diritto di precedenza, occupano un loro posto in natura, e partecipano alla stabilità degli ecosistemi, sopra tutto di quelli delle cosiddette zone umide. Perché le loro larve si sviluppano nelle acque stagnanti, che filtrano con un sistema di spazzole boccali, non dissimili, si pensi un po' alla differenza di stazza, a quello delle balene che usano, invece, i fanoni. L'evoluzione, nel grande e nel piccolo, ha adottato sovente le stesse soluzioni.
Queste larve di zanzara costituiscono un cibo per certi insetti acquatici, o per i pesci, che le mettono allegramente nel loro menù, mentre le zanzare adulte, che volano con il buio sopra tutto, ma certune anche di giorno, costituiscono un ottimo alimento per gli uccelli, e per i pipistrelli che ne divorano fino a un milione per singolo esemplare. Dunque, le zanzare "servono", nel senso che partecipano da protagoniste all'economia della natura. Purtroppo, le femmine adulte, perché sono soltanto le femmine che ci pungono!, quando devono far maturare le loro uova hanno bisogno di proteine e prelevano con la siringa boccale una goccia del nostro sangue, rischiando la vita, dato che la spada di Damocle di un colpo vibrato con il palmo della mano pende su di loro durante tutta l'operazione. Bene, anzi male, ma dobbiamo riprometterci di far sparire del tutto questi insetti molesti dalla faccia del pianeta?
Intanto, se decidessimo di abbattere tutti gli elefanti, o di arpionare tutte le balene, beh, la cosa sarebbe possibile, e non richiederebbe neppure tanto tempo. Ma con le zanzare, non contateci. Ci abbiamo provato in mille modi, e tutti i mezzi impiegati sono ritornati come un boomerang contro di noi. Abbiamo prosciugato le zone umide, per impedire loro di riprodursi? Oggi, consapevoli di aver distrutto un bene naturale, e turistico, di primordine, barattandolo con un'agricoltura fallimentare, stiamo meditando di riallagare le zone redente, fatto che costituirebbe solo il parziale rimedio di un danno incommensurabile. Abbiamo irrorato con il DDT prima, e con altri pesticidi in seguito, vasti territori del pianeta, cancellandone la biodiversità, e le zanzare hanno risposto diventando resistenti, mentre gli uomini hanno visto di nuovo profilarsi il rischio della malaria, e in soprappiù del cancro, conseguente ai residui tossici lasciati nell'ambiente dagli interventi chimici.
Dunque, la via maestra sarà quella di imparare a convivere con le zanzare, facendone diminuire le popolazioni, ma senza approntare progetti di eradicazione totale, dannosi dal punto di vista ecologico, quanto inefficaci dal punto di vista tecnico. Oggi, abbiamo delle armi biologiche, innocue per l'ambiente e per l'uomo, che possono limitare, distruggendo le larve, le popolazioni dell'insetto sotto limiti tollerabili. Per cui, se una zanzara ronza di sera nella vostra camera, una e non cento si capisce, ricorrete alla ciabatta, e non lamentatevi: meglio una zanzara fastidiosa che un residuo di sostanza velenosa nella caraffa d'acqua sul vostro tavolo.
di Giorgio Celli