Liberigatti ALAA
è per la tutela degli animali, per una "politica" del loro benessere, contro ogni forma di sfruttamento ed utilizzo che ne provocano maltrattamento, sofferenza e morte, siamo per il loro benessere, contro ogni abuso e uso improprio ivi compreso quello alimentare; pur restando del parere che degli animali debbano essere liberi e tutelati, tipo i gatti i quali hanno una funzione di mantenimento ed equilibrio ecologico-sanitario, siamo per mantenere un equilibrato controllo delle nascite.
Uno studio svela che da una cagna abbandonata in sette anni si possono ricavare ben 67mila cuccioli. La soluzione per sconfiggere il sovraffollamento di cani ci sarebbe. E' semplice, efficace ed è prevista dalla legge: la sterilizzazione degli animali. Ma né i Comuni né le Asl l'hanno applicata. Si preferisce creare migliaia di canili che hanno un costo enorme per la comunità, non risolvono il problema e finiscono per aggravarlo. In nome del denaro che favorisce un po' tutti, dal pubblico al privato, passando per le pseudoassociazioni intitolate genericamente "amici degli animali". Un dossier denuncia il malaffare e svela chi e come ci guadagna
di MARGHERITA D'AMICO, video di ANNA LAURA DE ROSACosì funziona "il sistema"di MARGHERITA D'AMICO
ROMA - Qualcuno sa spiegarci perché il randagismo seguiti a essere una piaga della società contemporanea? Come una malattia invasiva si rigenera da sé, eppure la soluzione è talmente ovvia: contenere decisamente le nascite. Invece, la maggior parte dei paesi sterilizza senza convinzione, e si affronta piuttosto il problema uccidendo i milioni di animali in esubero. Camere a gas dal Giappone agli Usa (anche il principale canile municipale di New York è contestato per le iniezioni letali a 72 ore dall'ingresso, in aggiunta al sospetto che parecchi esemplari spariscano), e ancora soppressioni in quasi tutta l'Europa, dalla Spagna alla Svizzera; stragi sommarie per mondare le strade di Romania e Ucraina. La durezza tuttavia non paga: di animali vaganti che seguitano a moltiplicarsi è ancora pieno il mondo.
Una politica diversa la intraprende ventiquattro anni fa l'Italia con una legge quadro civile e rara, la 281/91 , che vieta di sopprimere i randagi e pure di destinarli alla vivisezione. La missione possibile è debellare il randagismo attraverso sterilizzazioni a cura delle Asl, nonché educazione dei proprietari alla medesima pratica. Ma la norma è subito disattesa al punto di favorire incontrollabili movimentazioni di animali, battaglie feroci per ottenere la loro amministrazione diretta, un sistema lucrativo e corrotto dove, oggi più che mai, l'ultimo aspetto considerato è il benessere dei quattrozampe.
Anche da noi, dunque, per ogni cane o gatto senzatetto che trovi casa ne nascono altri cento, mille. Uno studio dell'americana Doris Day Animal League stabilisce che un cane femmina vagante e non sterilizzato sia soggetto a una media di due parti l'anno, otto cuccioli ogni volta di cui almeno quattro femmine, se non di più, che in cinque anni portano a 4.372 cani, pronti, in sette, a diventare 67mila. Ma nel frattempo, anziché agire di conseguenza, Comuni e Asl (responsabili e garanti legali dei randagi) rivaleggiano per sbarazzarsene, pronti a imboccare qualsiasi scorciatoia si prospetti. Non vanno incontro a epurazioni ufficiali di massa, i nostri animali, ma a crudeltà, traffici, movimentazioni e lauti interessi che rischiano di far rimpiangere non sia così.
La lotta ad accaparrarsi la gestione di canili e rifugi in convenzione, finanziati con fondi pubblici, è senza quartiere, e c'è chi oggi denuncia vizi nelle gare d'appalto. I soldi sono parecchi, stanziati perlopiù dalle amministrazioni locali: fino a pochi anni fa comunità montane, unioni dei comuni e associazioni protezionistiche ricevevano cifre importanti anche dal ministero della Salute (nel triennio 91-93 stanziava cinque miliardi di lire, trasformati in cinque milioni di euro fra il 2005 e il 2010) nel 2014 ridotte al simbolico importo globale di trecentomila euro.
Ridotta ai semplici materiali - bisturi, filo e anestetico - la sterilizzazione di un animale può costare 20-25 euro e garantisce che esso non si riproduca mai più. Perché, allora, non investire decisamente i denari in tale direzione? Impossibile che cani e gatti si estinguano del tutto arrecandoci un dispiacere, e si potrebbe così eliminare la loro condanna a una vita grama e, in parecchi casi, a morte ancor più atroce.
I rapporti zoomafie della Lav-Lega antivivisezione sostengono che il randagismo frutti un giro di 500 milioni di euro l'anno. Di sicuro non c'è Comune italiano che non attinga alle proprie casse per la gestione, di solito indiretta, dei propri animali vaganti. "I Comuni rimangono responsabili degli animali, anche quando trasferiti in un'altra regione. Sono pertanto obbligati a provvedere a regolari controlli, sia per verificare le condizioni di mantenimento e il rispetto delle condizioni previste dal capitolato d'appalto, che per sincerarsi dell'effettiva esistenza in vita degli animali all'interno delle strutture onde evitare di continuare a pagare con soldi pubblici le rette di mantenimento", ha chiarito Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, in una recente intervista a Repubblica, mentre Piera Rosati, presidente della Lndc-Lega nazionale per la difesa del cane, considera: "I canili debbono essere costruiti dai Comuni, alle associazioni il ruolo di valore aggiunto a garanzia degli animali. Noi, d'abitudine, gestiamo strutture in convenzione con i comuni, ma tante nostre sezioni hanno rifugi di proprietà, mandate avanti con donazioni e sforzi autonomi".
Per chi non si ponga scrupoli, il bene in gioco che frutta a più livelli è appunto il randagio, quello che in teoria nessuno vuole: conteso, sequestrato, scambiato, sballottato da una regione all'altra e oltrefrontiera, a opera di innumerevoli parti in causa. Tutti si dichiarano votati alla sua salvezza, ma è arduo districarsi fra sincerità, ingenuità, competenze, malafede. Un marasma, e le istituzioni alimentano le tentazioni peggiori. Non sono pochi i comuni che, invece di premiare l'adottante con visite veterinarie gratuite o forniture di mangimi, stanziano una tantum (400-500 euro) devolute talvolta nemmeno al cittadino che accoglie l'animale, ma all'associazione mediatrice.
Grazie a volontari eccezionali e a chi opera correttamente nel settore, senz'altro nel nostro Paese migliaia di animali che senza colpa seguitano a nascere trovano affettuose soluzioni, ma di tantissimi altri, troppi, si perdono per sempre le tracce. Partono dai rifugi, vengono accalappiati per la strada, rubati nelle abitazioni, scambiati sul web, trasferiti in massa verso adozioni fuori regione o all'estero, simili a buchi neri. D'altronde, come verificare la sorte di tutti? Intanto a gestire i canili - miglior bacino di raccolta di questa merce vivente - sono, in conflittuale alternanza, associazioni, sedicenti tali e privati: gli uni accusano gli altri, troppo spesso dimentichi della ragion prima di cui vogliono essere arbitri: la tutela degli animali.
Canili, ecco il dossier-denunciadi MARGHERITA D'AMICO
ROMA - "A dispetto di una buona legge, dopo vent'anni di sovvenzioni al randagismo, ci ritroviamo in un sistema equivoco e confuso che non garantisce nessuno, tantomeno animali e gli autentici volontari. Bisogna lavorare in direzione dell'abolizione dei canili così come sono intesi oggi e bisogna incominciare con il punire abusi e disonestà, chiunque ne commetta". Michele Visone, presidente di Assocanili, Associazione nazionale gestori strutture di ricezione di animali domestici, ha consegnato alle autorità giudiziarie un dossier fatto di denunce e documenti riguardo le gare per l'assegnazione di gestioni dei randagi in convenzione con i comuni.
Stando al fascicolo, si verificano rilevanti leggerezze nello scambio fra amministrazioni e assegnatari delle convenzioni pubblich, siano essi privati o stimate associazioni protezionistiche. Corsie preferenziali, promettenti appalti tradirebbero gli animali, subordinando i loro interessi alla corsa al finanziamento. I casi sono parecchi, individuati fra le realtà locali, visto che le regioni recepiscono la legge nazionale sul randagismo 281/91 e i comuni dirimono la questione sul territorio. "In Toscana, per esempio, l'Enpa conta su numerosissime gestioni degli animali ben sovvenzionate dal pubblico", dice Visone. "L'Enpa di Pistoia, presieduta da un vigile sanitario della locale Asl3 e componente della Commissione regionale, ha con dodici comuni un appalto da centinaia di migliaia di euro, elargiti previo affidamento diretto. In tal modo infatti, nel 2010, il Comune di Pistoia assegnò all'Enpa il servizio di mantenimento dei cani randagi e l'accudimento del canile sanitario, per un importo complessivo di circa 600mila euro valido tre anni, salvo rivalutazione Istat. Ma in ordine alla cifra elevata, l'affidamento diretto non è consentito dalla legge 163/2006 (che prevede un tetto di 40mila euro, mentre sopra i 200mila la gara assume rilevanza europea) e dalla Direttiva UE del 2014 che regolamenta la certezza giuridica nel settore e l'assicurazione di un'effettiva concorrenza e condizioni di parità tra gli operatori economici".
Come spiegano dal Comune di Pistoia, l'appalto coinvolge due canili adiacenti: "Il canile sanitario, gestito per tutti i comuni coinvolti da Enpa, e il canile rifugio di proprietà della stessa associazione". In questi vasi comunicanti confluiscono i cani accalappiati in ulteriori comuni fra cui Scandicci, che delibera nel 2012 lo stanziamento di 10.450 euro soltanto per "visita veterinaria d'ingresso, eventuale tolettatura e trasporto" di 14 cani in arrivo dall'Allevamento del Pratesi, distante pochi chilometri. Mentre il Comune di Fucecchio, che peraltro non ha canile municipale, a inizio 2014 suggella una convenzione sempre con Enpa, in cui si stabilisce (come nel caso di Scandicci) una retta di 5 euro al giorno per il mantenimento di ciascun cane, in aggiunta a 220 cadauno all'entrata, salvo conguaglio, per prestazioni veterinarie, nonché una somma forfettaria qualora vi sia penuria di animali: "300 euro mensili per tutti i giorni in cui il numero di cani è pari a 0", 200 in presenza di un solo cane, 120 quando gli esemplari sono due. "E' per risparmiare" chiariscono dal Comune di Fucecchio: "Negli anni precedenti la convenzione era con altri, e spendevamo molto di più".
"La no profit Amici a Quattro Zampe di Pontedera ha invece stretto una quantità di convenzioni fra le giunte della provincia di Pisa. E' recente l'aggiudicazione dell'appalto dei cani dei dieci comuni dell'Unione Valdera per circa 170mila euro" segnala ancora Visone "ma la struttura di proprietà della suddetta associazione è autorizzata per circa 40 posti, quando il numero dei cani previsti si aggira sugli 80". Secondo il dossier, anche il Comune di Montecatini, aggiudicata la gara di accalappiamento all'associazione Amici degli Animali, avrebbe omesso di verificare che fra gli scopi dell'assegnataria mancava l'attività oggetto di gara".
"La legge regionale della Toscana indica senza dubbio che la gestione dei canili pubblici va assegnata preferibilmente ad associazioni d'impronta protezionistica, ma spesso, in mancanza di strutture municipali (soprattutto al Sud) la gara assume un connotato diverso e si svolge solo per il servizio di mantenimento dei randagi che non rientra in tale privilegio" prosegue Visone. "E ora la Corte Costituzionale, a seguito del ricorso - perso - di un gestore privato al Tar della Puglia, si è storicamente pronunciata esprimendo dubbi sulla legittimità della normativa rispetto a tale vantaggio".
Passiamo alla Puglia, allora; una regione fra le peggiori, quanto a colpevole mala gestione del randagismo, teatro di alcuni paradossi. "Nove anni fa l'associazione La Nuova Lara ottiene in appalto la gestione del canile sanitario di Lecce. Ma nel 2013 denuncia in Procura il sovraffollamento della struttura medesima (benché municipale) assicurandosi, attraverso una procedura negoziata, l'affidamento del servizio di trasferimento di ricovero, custodia e mantenimento dei cani randagi per il Comune di Lecce, che prevede il trasloco di 160 esemplari nel proprio rifugio privato, appena aperto". Al punto 5 il bando recita: "Valore dell'appalto, per tre anni, pari a 963.600 euro per 400 cani". Ribatte Florana Catanzaro, vice presidente de La Nuova Lara: "Più volte e da molti anni la nostra associazione e gli stessi servizi veterinari avevano segnalato all'amministrazione comunale lo stato di assoluto degrado del canile sanitario e le gravi carenze strutturali, non ricevendo mai alcuna risposta".
C'è poi chi, col supporto istituzionale, rinasce dalle proprie ceneri. Vedi il gestore del canile lager di Marigliano (Napoli) sequestrato nel 2010. Oltre a circa trecento animali maltrattati e sofferenti, furono ritrovati corpi seppelliti che presentavano tagli sul collo, per probabile asportazione del microchip. Ma la Asl non revocò mai l'autorizzazione sanitaria alla struttura, consentendo così al titolare di partecipare, qualche anno dopo, alla gara di appalto per i randagi del Comune di Pompei, affidatagli in base a un considerevole ribasso. "Seppur reclamato da innumerevoli petizioni e proteste, il trasferimento degli sfortunati ospiti di Marigliano non ha ancora avuto luogo" riferisce Visone "e ci risulta che l'avvocato del gestore del canile, presidente dell'associazione Cani Felici Onlus, sia la moglie del veterinario della Asl di Marigliano, competente per il canile in questione. Il gestore ha poi realizzato un'altra struttura, La Sfinge, nel vicino comune di Brusciano, di competenza della medesima Asl. Fra le varie anomalie abbiamo appreso, nel far richiesta di accesso agli atti, che misteriosi ladri avrebbero rubato i registri di protocollo nella sede della Asl di Marigliano. A oggi, intanto, La Sfinge ha acquisito appalti per circa 900 cani, superando di gran lunga la propria autorizzazione di ricettività".
In generale, l'assenza dei necessari requisiti fra i partecipanti ai bandi di gara sarebbe molto frequente: "Non a caso associazioni e gestori privati pugliesi si sono riuniti nel consorzio Cpa completandosi a vicenda con scambi di competenze". Anche a Laterza (Taranto), sia Assocanili che un'associazione locale trasmettono segnalazione all'Autorità di vigilanza per i contratti pubblici, contestando la legittimità dell'affidamento del canile municipale: "Malgrado la rilevanza europea del bando, da 714mila euro, si è proceduto con modalità e criteri di un appalto sotto la soglia comunitaria e omissioni delle dichiarazioni previste".
Nel Lazio, addirittura, "un'associazione specializzata esclusivamente in adozioni all'estero impone ai canili contratti di esclusiva dell'immagine dei cani, al pari di un'operazione di marketing. Inspiegabile, quando il cane deve andare in famiglia" conclude Visone: "dobbiamo insomma distinguere chi dall'amore per gli animali si inventa un progetto da chi, per il progetto, s'inventa l'amore".
A centinaia spediti verso le regioni del Norddi MARGHERITA D'AMICO
ROMA - La promessa di un benefico Nord dove i randagi troverebbero un porto sicuro è colma di insidie. Innegabile che le regioni del nostro Settentrione abbiano attuato politiche migliori, sterilizzando di più e controllando con maggior attenzione le strutture. Se per esempio in Puglia, Sicilia, Campania, si incontrano animali in difficoltà a ogni angolo di strada, a Milano o Torino questo non avviene. Ma la quantità di animali che l'Italia e l'Europa del Nord dovrebbe assorbire appare strabiliante e illogica. Basta guardare le movimentazioni: quelle verso l'estero si possono, solo in parte, desumere dal cumulo di passaporti richiesti alle Asl da associazioni e privati esportatori; di quelle nell'ambito del territorio nazionale danno un'idea le quotidiane staffette annunciate sul Web. Leggete su questo la nostra inchiesta "Sulla pelle dei randagi".
Da principio iniziative virtuose, evolute poi in redditizie manovre, queste ultime consistono in viaggi perlopiù a pagamento. Per molti animali funziona, ma tantissimi altri si perdono nel corso di inaccertabili passaggi. Smarriti nei fumosi scambi ai caselli autostradali, possono morire in viaggio o poco dopo. I rari fermi dei furgoni a opera di guardie zoofile e polizia stradale hanno rivelato esemplari ammassati nelle gabbie e narcotizzati, anche 80 per ciascuna tratta, scoprendo spesso che le schede di adozione erano intestate a prestanome. Ma finisce lì e presto gli animali vengono riconsegnati a chi li ha fatti partire, pronti a essere nuovamente imbarcati.
Due anni fa un breve incidente fra onlus vide Marco Caterino, coordinatore delle guardie zoofle Oipa di Caserta, fermare per un controllo con la polizia stradale una discussa staffettista professionale, in arte Mamma Chiara. La donna si dichiarò volontaria dell'Enpa, il cui coordinatore nazionale delle guardie zoofile, Antonio Fascì, addirittura la scortava con un altro veicolo. "In rarissime occasioni abbiamo collaborato con la signora, la quale, sul suo automezzo, ha utilizzato senza alcuna autorizzazione il nostro logo e, per questo, è stata formalmente diffidata", puntualizza Michele Gualano, direttore generale dell'Enpa.
"Qui in Sicilia viviamo un momento drammatico, c'è una corsa incredibile ad assicurarsi randagi da inviare al Nord", commenta Antonino Giorgio, coordinatore regionale e presidente della sezione di Trapani della Lndc-Lega nazionale per la difesa del cane. "Non solo non si ha idea di dove questi animali realmente finiscano, ma così facendo si deresponsabilizzano le istituzioni, già tanto manchevoli quanto a controlli, sterilizzazioni. Ovunque spuntano sezioni locali di grandi associazioni; tutte mandano fuori i randagi. Un sindaco del trapanese si è persino vantato con la stampa di spedire i suoi in Germania".
Sedicenti volontari si contendono gli animali, li arraffano contro la legge e il buon senso. L'Italia intera è afflitta da furti di cani e gatti, rapiti dentro abitazioni e giardini, per tacere dell'indiscriminato prelevamento per strada dei randagi, e nemmeno esiste (come per le automobili) una banca dati centralizzata che consenta agli inquirenti di analizzare il sinistro fenomeno.
Ma dove finiscono, a decine di migliaia, questi indifesi? Ecco che il virtuoso Nord si trasforma in zona d'ombra, dove gli animali vengono smistati, reindirizzati, depositati in stallo, vale a dire in collocazione temporanea prima del successivo spostamento. Magari su un comodo divano, ma si temono anche obiettivi atroci. Mercato di carni e pelli, lotte clandestine, vivisezione occulta, zooerastia (abusi sessuali sulle altre specie), trasporto della droga, sadismi e rituali di vario genere. Laika è una barboncina bianca di undici anni e vive in famiglia ad Avola (Siracusa) vicino al mare. D'estate segue in spiaggia i padroni, e quando ne ha abbastanza rientra da sé. Il 20 agosto 2014 svanisce nel nulla, purtroppo non è microchippata. Giuseppina Nuccio, la proprietaria, diffonde disperati annunci per tutta la contrada e su Facebook. Su una pagina di presunto volontariato scopre una fotografia di Laika pubblicata alcuni giorni prima della scomparsa. Per lei si richiedono fondi, definendola abbandonata: cure, stallo e adozione. Giuseppina scrive chiedendo che le venga restituita, ma la reazione è sbalorditiva: "E il cane nn ce più e adesso ti attacchiiii al tram". Giuseppina denuncia alla polizia di Avola: "Confido in una rapida indagine che mi riporti Laika". E le volontarie replicano: "Ahahah anche la denuncia per aver salvato una cagnolina gente di m...".
Date le disastrose gestioni del Sud e la mole di sequestri in tutta la Penisola - Trani, Catania, Roma... la lista dei canili-rifugio indegni lascia sbalorditi - e a volte si fatica sul serio a sistemare gli animali sul territorio dove continuano a moltiplicarsi, o comunque gli spostamenti trovano spiegazioni. "Per garantire esecuzione all'ordine del Magistrato - in un'inchiesta che finalmente sta portando alla luce i misfatti avvenuti fra silenzi e complicità - in mancanza di alternative abbiamo trasferito 40 cani e 20 gatti in strutture fuori dal Lazio" spiega Gianluca Felicetti, presidente della Lav-Lega antivivisezione dalla cui denuncia è scaturito il sequestro del Canile Parrelli di Roma. Riguardo poi i trasferimenti all'estero la Lav, che tramite la sua sezione capitolina ha appoggiato nel 2011 l'invio in Germania degli inquilini del canile di Rieti, anch'esso sequestrato, dichiara una posizione ecumenica: "A questo tipo di adozioni non siamo favorevoli, né contrari a prescindere".
In realtà, a dispetto di crisi e cattive abitudini, l'italiano dimostra ovunque grande disponibilità all'adozione. Ciò nonostante, movimentare gli animali è pratica comune, lo asserisce Sara Turetta, attiva in Romania con il progetto Save the Dogs e paladina delle adozioni internazionali, in una lettera alla stampa in cui contesta una voce dissenziente: "Ci sono tante persone serie, qui, che si occupano di cani, ma per tua sfortuna, tutte ne mandano all'estero". Presidente da due anni della Lndc-Lega nazionale per la difesa del cane, Piera Rosati ha invece commissariato o chiuso con il suo Consiglio alcune sedi locali: "Abbiamo riscontrato qualche gestione poco accorta e soprattutto c'era chi inviava animali in adozione all'estero, una pratica a cui sono contrarissima. Per carità, nessun dubbio sulla generosità straniera, ma tutto quanto non sia ben verificabile costituisce un inaccettabile rischio per gli animali".
Una volta varcata la frontiera cani e gatti sono irrintracciabili. Secondo le associazioni che si dedicano al profluvio di adozioni all'estero (Germania, Austria, Svizzera, Belgio, Svezia) di cui sono oggetto i nostri randagi e quelli di Grecia, Turchia, Spagna, Romania, le altre cittadinanze sarebbero ricche e magnanime, pronte a fare incetta dei nostri animali meno attraenti. Invece di salvare gli esemplari che nei patri canili vengono soppressi, i cittadini svizzeri preferirebbero cani pugliesi o siciliani malati, mutilati, paralizzati, coperti di rogna, avidi di importare malattie endemiche a rischio di contagio umano come la leishmania. Lo stesso varrebbe per i tedeschi, i quali non dispongono di anagrafe canina unitaria e per adottare sborserebbero ingenti contributi.
Ancor prima di partire i cani sono in offerta, ciascuno abbinato a una tariffa che varia dai 150 ai 450 euro, su siti stranieri, come pure negli appelli diramati da una cordata di associazioni ramificata in tutta Europa. Queste lanciano appelli e raccolgono in tutta Europa fondi sollecitati da immagini angosciose: animali miserandi nei canili lager. L'unico, importante processo scaturito da un'indagine sulle - appurate - false adozioni all'estero langue in attesa di prescrizione presso il Tribunale di Napoli. Questo, a dispetto della circolare 33 con cui già nel 1993 il ministro per la Salute Maria Pia Garavaglia registrava con preoccupazione l'irrintracciabile flusso di randagi in uscita dal nostro Paese e, fra le altre cose, raccomandava di "non cedere cani conto terzi, ma direttamente all'interessato". Il contrario di quanto solitamente avviene, visto che tante associazioni si intestano gli animali e poi li collocano presso strutture di transito donde ripartiranno in seguito. Una piccola associazione pugliese, Occhi Randagi, persegue un modello di trasparenza che finora non ha emuli in virtù del paravento della privacy: pubblicano luogo di provenienza e città di destinazione dell'animale, con il nome dell'adottante.
Quelle false associazioni che celano il businessdi MARGHERITA D'AMICO
ROMA - Nella coscienza comune, per comprensibili ragioni, le associazioni animaliste si distinguono meritevolmente da chi, sulla gestione dei randagi, fa impresa. All'occorrenza, però, bisogna saper rovesciare la medaglia e, di volta in volta, distinguere. Chiunque in definitiva, e con estrema facilità, può costituirsi in associazione e avvalersi del marchio di fabbrica, mentre cercare di far quadrare un bilancio (affiancando di solito altre attività alla cura dei randagi, come assistenza veterinaria o pensione per cani privati) non significa necessariamente rifarsela sugli animali.
Partendo dal presupposto che i canili non dovrebbero esistere, se non per accogliere transitoriamente animali destinati in famiglia o custodire malati terminali, casi difficili, nello stato dei fatti la valutazione dovrebbe basarsi su modi, criteri, qualità della gestione. La normativa prospetta parametri sanitari per le strutture, ma non obbliga alla presenza di educatori, né puntualizza con la debita severità le prassi di affido e successiva rintracciabilità degli animali.
Una vicenda paradigmatica ha luogo in Puglia, dove il sequestro di canili indegni, in cui gli animali sono detenuti in condizioni atroci se non maltrattati fino alla recisione delle corde vocali, non fa quasi notizia. Capita pure, però, che la stigmatizzazione si rivolga a strutture decentissime. È il caso I Giardini di Pluto a Carovigno (Brindisi), canile-rifugio convenzionato con diversi comuni della zona, contro cui nel 2013 un'indagine sollecitata dall'associazione La Nuova Lara e seguita da un esposto della società Dog Service si appunta sul sovraffollamento e sfocia in sequestro. I 730 cani ospiti superano il limite di 200 fissato dalla Legge regionale pugliese del 2006, ma la struttura è stata autorizzata prima dell'entrata in vigore della norma, che non agisce retrospettivamente.
"L'associazione denunciante La Nuova Lara si era già presentata giusto al fianco della Dog Service con un contratto di avvalimento concesso a titolo oneroso nella gara d'appalto a San Vito dei Normanni, per la custodia di randagi oggi affidati a I Giardini di Pluto. Vendendo quindi a un privato il proprio requisito di onlus, senza cui il medesimo non avrebbe potuto partecipare" dice Michele Visone, presidente di Assocanili. "Non ci stupiamo poi se rappresentanti di misconosciute associazioni risultano disoccupati e invece si scoprono titolari di società immobiliari. A danno dei veri volontari c'è un fiorire di associazioni falsamente animaliste".
Contro la tradotta forzata di 151 cani proprio nel canile della Dog Service, non autorizzato ad accogliere randagi, si sollevano proteste e un'interrogazione parlamentare che lasciano indifferente il gip Maurizio Saso, caso non isolato di una magistratura all'apparenza dimentica del benessere degli animali. È recente la richiesta di archiviazione firmata dai sostituti procuratori Assunta Musella e Alessia Minicò del fascicolo riguardante due strutture private nel catanese, gestite da un veterinario con appalti milionari in convenzione con molti comuni. Qui, secondo il report dell'Unità operativa per la tutela degli animali, lotta a randagismo e maltrattamenti del ministero della Salute, la cui ispezione portò al sequestro dei canili (seguito da un rapido dissequestro), aggrediti da malattie gli animali erano stipati in recinti fra feci, cibi avariati e fango.
A volte, privati e associazioni decidono di unire le forze per assicurarsi il successo. L'appalto di circa 94mila euro per i cani del Comune di Collesalvetti (Livorno) è andato a un privato che si è avvalso dei requisiti di un'associazione animalista "senza che si tenesse conto della mancata presenza di un contratto fra le parti, obbligatorio quando si ricorre all'avvalimento, pena esclusione dalla gara". Lo scorso anno una volontaria siciliana, Elena Caligiore, dichiarò a una tv locale i propri dubbi riguardo il proposito di spostare decine di cani del siracusano in Emilia Romagna da parte dell'Enpa-ente nazionale protezione animali, la più antica associazione animalista italiana (la fondò Garibaldi): "La loro sezione locale ha chiesto randagi anche ai comuni di Priolo, Floridia, Lentini. Propongono di trasferirli al canile San Prospero di Modena, dove ne perderemmo le tracce: perché? Il randagismo si risolve solo sterilizzando". Smentisce secco Michele Gualano direttore generale dell'Enpa: "La circostanza non risponde a verità"
D'altro canto è sempre più difficili operare distinzioni di merito fra le associazioni, legate talvolta da intrecci inaspettati. Come per esempio suggerisce la lettera di credenziali (di cui esistono due copie diversamente datate, forse un uso disinvolto da parte del beneficiario) con cui Carla Rocchi, presidente nazionale dell'Enpa, garantisce l'affidabilità di un'associazione locale, già contestata dal commissario prefettizio Aldo Lombardo, per la gestione del canile di Manduria (Taranto) che è oggi in via di smantellamento.
"Enpa non promuove la gestione di terzi" commenta Gualano: "In alcuni casi però sostieniamo, con l'obiettivo del miglioramento della gestione e del benessere degli animali, la soluzione di situazioni critiche".
Se per operare a tutto campo è utile appartenere a una categoria di settore, c'è chi, per non sbagliare, le garanzie di qualità vede di acquisirle tutte. E' ad esempio il caso del gestore di Dog's Town a Pastorano, in provincia di Caserta: veterinario, guardia zoofila Enpa e membro di Assocanili; oltre a gestire gli ospiti del canile-rifugo in convenzione, accalappia per conto dei comuni e si occupa persino di animali esotici, ma sul sito associativo i cani proposti in adozione si contano sulle dita di una mano.
Appalti e omissioni, le colpe dei Comunidi MARGHERITA D'AMICO
ROMA - Per la grande maggioranza degli amministratori italiani occuparsi del randagismo è una scocciatura marginale, se non fosse che la tenerezza dell'elettorato verso gli animali si fa sempre più intensa. Ma ancora, a meno che sindaco o assessore delegato non siano sensibili e competenti in prima persona - fenomeno raro - la questione viene sbolognata in toto alle (spesso) incanaglite Asl, oppure gestita - a volte in buona fede, altre, si direbbe, meno - affidando il destino degli animali a interlocutori terzi.
A Roma, per dirne una, è in ballo il rinnovo della gestione dei tre canili municipali (il quarto, un piccolo e centralissimo presidio, è stato chiuso nel novembre scorso) affidata dal 1997 all'Associazione volontari canile Porta Portese, che in circa vent'anni hanno sistemato in casa circa trentamila cani e gatti. "Abbiamo partecipato a ben tre gare d'appalto e, non certo per responsabilità dei partecipanti, nessuna è andata buon fine", spiega Simona Novi, presidente di Avcpp: "l'ultima è stata addirittura sospesa a causa della presenza della Cooperativa 29 Giugno, priva di qualsiasi specifica competenza in materia di benessere animale e coinvolta nello scandalo Mafia Capitale. In vista della quarta gara, ci auguriamo che la giunta Marino prenda in considerazione l'unico parametro sensato e previsto dalle normative vigenti: la capacità di fare adozioni certificate, garantire il benessere degli ospiti e di trasformare i canili in un semplice luogo di passaggio".
Parecchie amministrazioni cercano di svuotare i canili non già incoraggiando adozioni consapevoli, con l'eventuale offerta di visite veterinarie o mangime gratuito per premiare l'accoglienza di cane o gatto nella realtà domestica, ma proponendo denari a chiunque ritiri un animale. Nell'aprile 2012 il comune di Oristano (Cagliari), a fronte del costo annuo di 914 euro pubblici stanziati per il mantenimento di ogni cane presso il Canile di Sandro Piras, delibera di corrispondere "in favore dell'associazione firmataria della convenzione un contributo una tantum di 450 euro per ciascun cane di cui venga realizzata con successo l'adozione".
Se già appare illogico e diseducativo corrispondere denari a casaccio a fronte dell'animale sbolognato, è doppiamente assurdo pagare il mediatore. Una cittadina racconta di aver telefonato alla suddetta associazione per adottare un cane: "L'operatrice mi suggerì di non recarmi al canile in prima persona. Disse che il gestore non gradiva gli ingressi al pubblico, dunque se ne sarebbero incaricati loro. Mi chiesero di compilare un questionario molto fitto, assieme a cui avrei dovuto versare loro 50 euro". Somma che, in aggiunta all'una tantum comunale, portava l'incasso dell'associazione a quota 500. "Gli stessi animali che avevano messo in adozione erano pubblicizzati su Facebook, e si chiedevano per loro donazioni in denaro. Mi domando quanto fruttasse ogni singolo cane". "L'iniziativa non ha funzionato, si è spenta da sola" dichiarano oggi dal Comune di Oristano: "Abbiamo in programma di rilanciare altrimenti le adozioni".
Dalla loro, quegli amministratori attenti al fenomeno randagismo non possono esimersi dall'esprimere preoccupazione verso la generale confusione in cui si pensa di affrontare il problema animali vaganti. Secondo Andrea Guido, assessore all'Ambiente del Comune di Lecce con delega al randagismo, "si sono innescati meccanismi perversi in un sistema costellato da associazioni che appaiono concentrate più sugli appalti che sulla ricerca del benessere degli animali, nella cui gestione si manca di avviare azioni serie e concrete. Occorre maggiore attenzione all'iscrizione delle associazioni nel relativo albo regionale, come pure sulla delicata materia delle adozioni".
La virtù, in questo ambito, non paga. Per essersi opposto all'imprudente e non conforme adozione all'estero di un singolo cane all'estero, dopo aver ottenuto soddisfazione dal Tar, il Comune di Terni si ritrova denunciato alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti da una motivatissima signora tedesca che a ogni costo vuole acquisire un animale malato di epilessia e già adottato in Umbria.
Emergenza e randagismo, oppure emergenza randagismo: la percezione di una situazione fuori controllo non abbraccia solo la tutela degli animali, ma i più vari interessi pubblici. Dispendio di denaro e risorse umane, pericoli (non tanto nel merito degli occasionali branchi di cani che insieme organizzano la sopravvivenza, quanto per gli incidenti stradali causati da soggetti vaganti o abbandonati), sofferenza che dilania ogni specie a partire dalla nostra, nelle persone dei volontari che spesso spendono l'intera vita a tamponare tale, evitabile disastro. Malauguratamente, il contenimento delle nascite non è praticato che a parole. Salvo luminose eccezioni, al bisturi le Asl preferiscono l'ufficio, dove si timbrano montagne di passaporti perché i cani possano sloggiare all'estero. Non ci s'interessa neppure affinché i proprietari evitino le cucciolate e gli allevatori soggiacciano a limiti. E quando ai comuni viene tesa una mano da chi offra sterilizzazioni gratuite o a poco prezzo per tamponare le pubbliche inadempienze, la risposta è quasi sempre no.
"Esistono eccome gruppi di medici veterinari indipendenti e generosi, i quali si propongono di intervenire con il solo rimborso dei materiali. Si possono sterilizzare, se ben organizzati, anche cento animali al giorno. In un paio di settimane si potrebbe arginare il randagismo in una città come Bari" spiega il veterinario Antonio De Simone, il quale ha già sterilizzato pro bono a Ventotene e in Puglia. "Ma ci si sente rispondere no grazie, sia per non indispettire gli ordini professionali, preoccupati della concorrenza e a volte in rapporti di collaborazione con le Asl, che per logiche, chiamiamole così, di ordine burocratico".
Aggiunge Claudio Locuratolo, guardia zoofila Enpa di lungo corso: "Per avversare il randagismo si sente sempre parlare dell'importanza del microchip, con cui almeno i cani sono inseriti nell'anagrafe regionale, che dovrebbe confluire in quella nazionale: sacrosanto, ma i controlli sono inesistenti e le sanzioni per chi contravviene ridicole. Le cinture di sicurezza, per fare un esempio, hanno iniziato a funzionare quando fioccavano le multe. Bene la prevenzione quindi, ma è inevitabile passare per una fase che inculchi l'obbligo con severità".
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