Al mercato o al supermarket è possibile comprare un pollo arrosto a pochi euro. Quindi già lavorato e cucinato e con un ricarico anche da parte del commerciante. Il pollo in sé ha in pratica giusto il valore di qualche monetina. Come viene da chiederselo rispetto a prodotti provenienti da paesi asiatici con prezzi incredibilmente bassi, che ormai sappiamo ottenuti con sfruttamento di manodopera a basso costo, lo stesso dovremmo fare quando vediamo della carne venduta a simili prezzi: come è possibile?
La risposta sta nei sistemi di allevamento intensivo. Abbiamo deciso di mostrarli con una video-indagine girata all’interno di capannoni di fornitori dei principali produttori italiani, diffusa anche in prima serata al Tg1 di mercoledì 4 ottobre. L’indagine in questione ha creato un certo scalpore, soprattutto per alcune immagini in cui, con telecamere nascoste, sono stati ripresi operatori che maltrattano animali, li prendono a calci e li caricano con violenza nelle gabbie per il trasporto verso il macello.
UnaItalia, associazione di riferimento del settore avicolo italiano, ha risposto dicendo che le immagini “non sono assolutamente rappresentative di quanto accade negli allevamenti avicoli italiani” e che “non è corretto far vedere dei casi isolati per far intendere che rappresentino le condizioni di vita della maggioranza dei polli che finiscono ogni anno sulle tavole degli italiani”.
Ma la violenza che subiscono questi animali non è solo quella dei calci, che potrebbero forse anche essere dei casi isolati, ma non per questo meno gravi. La violenza e il maltrattamento sono insiti nel modo stesso in cui i polli vengono allevati, fin dal primo giorno di vita. Ed è quanto ci preme diventi oggetto centrale del dibattito.
In Italia nel 2016 sono stati macellati 525 milioni di polli (fonte Istat). Un numero impressionante, pari a 1000 polli al minuto. Il 99,5% di questi provengono da allevamenti intensivi (fonte Sinab), del tutto simili a quelli raffigurati nel nostro video.
Ma ancor più impressionante è pensare a quanto spazio occuperebbero questi animali se dessimo loro anche solo un metro quadrato per vivere, più o meno la superficie di un tavolino, non certo una situazione di gran lusso: calcolando gli attuali cicli di crescita nell’arco di un anno i polli occuperebbero circa un sessantesimo dell’intera superficie italiana.
Per questo motivo agli attuali ritmi di consumo un reale benessere degli animali non può minimamente essere preso in considerazione e ai polli non viene concesso il lusso di un metro in cui vivere. Anzi, secondo le normative in quello spazio di polli ce ne possono stare fino a 20. E le conseguenze dal punto di vista fisico ed etologico sono molto gravi.
Secondo la ricercatrice Isabelle Estevez, autrice di una lunga ricerca sugli effetti della densità di popolamento, i problemi più gravi insorgono dai 14-16 polli per metro quadrato in su. Problemi che non sono solo comportamentali o difficoltà nell’arrivare a cibarsi e abbeverarsi, ma anche per la salute delle zampe, piagate dal pavimento intriso dell’ammoniaca dovuta all’urina degli animali.
E non sono solo i metodi e gli spazi ad essere cambiati, ma anche gli animali stessi: i polli di adesso sono completamente diversi da quelli che mangiavano i nostri nonni. Le razze selezionate per la crescita rapida arrivano in poco più di un mese a 2,5 chili di peso, mentre negli anni 50 per arrivare a un massimo di 1,5 chili ci mettevano più di due mesi. In pratica si è quadruplicata la velocità produttiva. Immaginatevi un bambino di pochi anni con il corpo e il peso di un adulto obeso e capirete com’è la vita di un pollo d’allevamento.
Ma ancor più impressionante è pensare a quanto spazio occuperebbero questi animali se dessimo loro anche solo un metro quadrato per vivere, più o meno la superficie di un tavolino, non certo una situazione di gran lusso: calcolando gli attuali cicli di crescita nell’arco di un anno i polli occuperebbero circa un sessantesimo dell’intera superficie italiana.
Per questo motivo agli attuali ritmi di consumo un reale benessere degli animali non può minimamente essere preso in considerazione e ai polli non viene concesso il lusso di un metro in cui vivere. Anzi, secondo le normative in quello spazio di polli ce ne possono stare fino a 20. E le conseguenze dal punto di vista fisico ed etologico sono molto gravi.
Secondo la ricercatrice Isabelle Estevez, autrice di una lunga ricerca sugli effetti della densità di popolamento, i problemi più gravi insorgono dai 14-16 polli per metro quadrato in su. Problemi che non sono solo comportamentali o difficoltà nell’arrivare a cibarsi e abbeverarsi, ma anche per la salute delle zampe, piagate dal pavimento intriso dell’ammoniaca dovuta all’urina degli animali.
E non sono solo i metodi e gli spazi ad essere cambiati, ma anche gli animali stessi: i polli di adesso sono completamente diversi da quelli che mangiavano i nostri nonni. Le razze selezionate per la crescita rapida arrivano in poco più di un mese a 2,5 chili di peso, mentre negli anni 50 per arrivare a un massimo di 1,5 chili ci mettevano più di due mesi. In pratica si è quadruplicata la velocità produttiva. Immaginatevi un bambino di pochi anni con il corpo e il peso di un adulto obeso e capirete com’è la vita di un pollo d’allevamento.
Questa condizione li porta a passare gran parte del tempo in stato di immobilità e crea problemi di deambulazione, dolori articolari, ascite, deformazioni ossee, tendiniti.
Tutto questo tralasciando la fine che fanno poi al macello.
Ecco che si scopre perché la carne di pollo costa poco: il prezzo più alto lo pagano gli animali.
Tutto questo tralasciando la fine che fanno poi al macello.
Ecco che si scopre perché la carne di pollo costa poco: il prezzo più alto lo pagano gli animali.
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