Medicina ortomolecolare
Fabbisogno proteico nel tempo
Per fortuna le cose cambiano specialmente in medicina; infatti, dalla
fine del XIX secolo il fabbisogno proteico giornaliero, per una dieta
salutare, era stimato intorno ai 118 grammi, mentre dal 1974 il
quantitativo è stato ridotto a 56 grammi, per giungere ai giorni attuali
a 40 grammi.
Fabbisogno proteico dal XIX secolo ad oggi
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Periodo - g di proteine giornaliere
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XIX secolo - 118 g
1974 - 56 g
1993 - 30 g
Se soffrite di dolori articolari, lombari, cervicali, artritici, magari
localizzati alle piccole articolazioni delle mani, provate per un mese a
cambiare la vostra dieta, riducendo progressivamente l'introduzione
delle proteine limitandole a 30 grammi giornalieri, ivi incluse anche
quelle contenute nelle verdure.
Infatti anche le verdure forniscono proteine a buon mercato, e, cosa più
importante, senza dannosi effetti collaterali sull'organismo, rispetto a
quelle di natura animale.
Le vostre principali fonti di nutrimento dovrebbero essere, per il
75-80% della vostra razione giornaliera: verdure, possibilmente fresche e
frutta, quest'ultima da assumere possibilmente isolata, ovvero lontana
dai pasti, magari come piccoli snacks, a metà mattino, e metà
pomeriggio.
Raccomandazioni per le giovani mamme
Una raccomandazione per le giovani mamme: non insistete con i vostri
figli sulle scelte alimentari, non forzateli a tavola ad ingurgitare
alimenti, specialmente di natura animale, e se non li gradiscono
lasciate che siano loro a scegliere, magari tramite la risvegliata, o
forse mai assopita, memoria di razza, quali pietanze selezionare.
Rimarrete sorprese di quanta saggezza si possa trovare nelle “giovani
leve”, se solamente imparerete a rispettarne i gusti e le inclinazioni
gastronomiche.
Ciò non significa certo che se un bambino chiede alla madre un barattolo
di Nutella questa debba rifornirne ad ogni piè sospinto, calorie
gratuite e per lo più tossiche, ma semplicemente che se vostro figlio è
naturalmente vegetariano è più saggio lasciarlo “naturalmente” in pace e
fargli mangiare ciò che più si addice alla sua salute.
Credetemi, tutto ciò non è poco, specialmente in un'epoca in cui
sopravvivere ecologicamente è possibile solo se tutti decidiamo di
vivere in maniera un pò più... Ortomolecolare.
Fatte queste dovute precisazioni è importante ora contrapporre delle
evidenze scientifiche inoppugnabili (McDougall 1983) che confermano
l'elevato significato nutrizionale rappresentato dalle proteine
vegetali, che vengono assimilate meglio e senza gli effetti collaterali
rispetto a quelle animali, fornendo ben circa 2,5 K calorie per grammo
contro le 4 K calorie delle carni.
Bisogna inoltre considerare che le carni animali, al momento del
consumo, sono del tutto prive di fibre, deficienza piuttosto grave.
Le fibre, anche se prive del valore energetico e nutritivo, fanno massa
nell'intestino crasso, stimolando la peristalsi, per venir poi evacuate
senza essere state eliminate.
La bassa percentuale di fibre nella dieta inoltre è da tempo statisticamente correlabile all'insorgenza di ca.intestinale.
Le tossine della carne uccidono
Il legame tra diete con bassa percentuale di fibre e tumore del colon -
correlabile con il prolungato tempo di stazionamento digestivo, causato
dalla carenza di fibre, e dal conseguente accumulo di tossine, sostanze
cancerogene nei visceri - suggerisce profonde riflessioni.
Dopo un pasto carneo le tossine degradative provenienti dal catabolismo
delle proteine animali rimangono in circolo per un periodo minimo di
circa 142 ore, cioè circa una settimana.
Ciò non dovrebbe stupirci più di tanto se consideriamo che il nostro
sistema digestivo, analogamente a quello degli animali prettamente
vegetariani, è circa 12 metri più lungo di quello dei classici
carnivori.
Le informazioni biochimiche (putrescina, cadaverina, indolo, scatolo,
ammonio etc.) e vibrazionali, contenute dai tessuti in decomposizione,
sono informazione di morte che raggiungono il nostro DNA, interferendo
elettricamente in modo negativo con le sue capacità replicative,
esponendoci perciò facilmente ad aberrazioni nella biosintesi delle
proteine strutturali destinate a costituire ormoni, enzimi, tessuti
organici etc.
Per avere un'idea più chiara delle informazioni di morte veicolate dalle
frattaglie di questi poveri animali, dei quali molti ancora si nutrono,
è sufficiente spostare la nostra attenzione sulle procedure di
allevamento, utilizzate dall'odierna industria zootecnica.
Le industrie alimentari “giocano” con la vita e la salute della
popolazione; il dossier “mucca pazza” è probabilmente solo la punta
dell'iceberg del problema.
Cosa c'è dietro al Fast Food
Vi siete mai chiesti cosa introducete nel vostro corpo con l'alimentazione di tutti i giorni?
Da dove vengono le bistecche, i petti di pollo, gli hamburger fumanti dei fast foodconsumati durante l'intervallo di lavoro?
Lo sapevate che questi animali che ci nutrono trascorrono forzatamente
4-5 mesi, ventiquattr'ore al dì, ad ingurgitare granoturco, soia, farina
di pesce, prodotti di scarto di macellazione di altre specie animali,
con aggiunta di vitamine e megadosi di ormoni estrogeni
(dietilstilbestrolo a rilascio controllato, applicato in cerotti alle
orecchie depilate degli animali) ed antibiotici, in quantità ciclopiche?
Lo sapevate che i loro addomi accumulano una sorta di cuscinetto
adiposo, asportato dopo la macellazione, prezioso per il basso costo e
per il fatto che può essere ben abbinato (fino al 30%) alla carne magra
dei manzi allevati allo stato brado per ottenere un prodotto finale
ibrido fondamentalmente molto,ma molto economico, identificabile in
carne da hamburger?
La storia però non finisce qui, perchè si consente di mescolare carni di
animali differenti e spesso di legare alla carne di manzo magro il
grasso proveniente dai maiali, aggiungendo del monosodio glutammato
tossico, per esaltare il sapore delle pietanze.
Un bel meccanismo, non c'è che dire, ed una mano lava l'altra, perchè se
qualcuno consuma una braciola di manzo, crea automaticamente l'offerta
di grasso eccedente, che verrà utilizzato senz'altro per confezionare
invitanti hamburger “semprerossi” (grazie ai nitriti e nitrati
contenuti). Consolatevi perchè fate parte anche voi della solida catena
commerciale consumistica e se decidete di andare a consumare con tutta
la famiglia un bel "big" hamburger, nel più vicino fast food, avrete
senz'altro creato le basi simbiotiche perchè qualcun altro al Grand
Hotel possa ordinare e consumare una bella fiorentina di manzo ruspante.
I manzi e i maiali rifiutano spesso di essere caricati sulle "tradotte
della morte" e quando vengono poi convogliati al loro "patibolo",
liberano ingenti quantità di adrenalina (l'ormone della morte) che
verranno poi convogliate nella bistecca che ci verrà servita fumante a
tavola...
Con i polli le cose non vanno meglio.
Questi animali sono un “ottimo” investimento per i produttori, che
possono convertire granaglie in carne con una efficienza 5 volte
superiore a quella riscontrata con i bovini ed i suini.
Per ottenere ciò i produttori hanno dovuto superare alcuni problemi
tecnici consistenti nell'esigenza di somministrare, a scopo cautelativo,
grossi dosaggi di antibiotici per impedire eventuali epidemie. Poco
importa se i consumatori dovranno sorbirsi gratuitamente la loro dose
quotidiana di cefalosporine di seconda mano o, dovremmo dire
cinicamente, "di seconda zampa".
La maggior parte di questi animali non ha mai visto la luce del sole e
non vede altro che la luce artificiale per 22 ore al giorno. Gli
allevatori zootecnici fanno sì che questi pulcini non smettano mai di
alimentarsi e somministrano ampie dosi di sali d'arsenico per stimolare
la crescita, al punto che in soli 47 giorni raggiungono le condizioni di
pollo maturo che altrimenti avrebbero raggiunto in non meno di 3 mesi.
Tutta questa fatica viene premiata con... una “bella morte”, rapida e
probabilmente indolore, poichè i polli più fortunati, ovvero quelli
provenienti dalle marche più note, vengono uccisi, spennati, eviscerari,
raffreddati al di sotto dello zero centigrado ed imballati nel tempo
record massimo 1,5 secondi.
Purtroppo in un lasso di tempo così breve nessun essere umano riesce a
morire “per bene”, cosicchè quando vengono imballati ed etichettati
questi animali sono ancora vivi, nonostante siano stati raffreddati, per
evitare che si muovano nelle confezioni, in preda al rigor mortis.
Sorge spontanea a tal punto la domanda “a cosa serve la protezione
animali?”, se lascia che questi crimini commessi contro questi poveri
esseri indifesi rimangano impuniti.
Che tipo d'informazione potranno mai veicolare questi miseri resti,
all'interno del nostro corpo, se non quella della morte ingiusta, anche
per causa nostra, perchè siamo tutti responsabili di questo stato di
cose, siamo noi i registi di questo scempio.
Una bella doccia fredda per la nostra cultura occidentale, post-bellica,
che ha sempre considerato la carne ed i prodotti latto-caseari come uno
status simbol, di benessere.
Salute significa essere alcalini
La salute è un effetto collaterale della vita, certo non è un optional
del quale usufruiamo semplicemente venendo al mondo ma dobbiamo
conquistarcela combattendo con le unghie e con i denti, rispettando una
serie di “regole”.
Per sopravvivere al 2000 (in Salute), dovremo fondamentalmente fare
attenzione a:
ciò che beviamo
ciò che mangiamo
ciò che respiriamo
ciò che pensiamo,
non necessariamente nell'ordine.
L'eccesso di proteine nella dieta è fonte di notevole stress per
l'essere umano poichè acidifica troppo l'organismo, sintetizzando acidi
forti (acido solforico, nitrico e fosforico) che devono essere
neutralizzati ed eliminati.
I processi di neutralizzazione richiedono ampi quantitativi di Solfato e
di Calcio che costituiscono la cosiddetta Riserva Alcalina. E' di
vitale importanza che la Riserva Alcalina sia mantenuta, tramite
un'alimentazione prevalentemente costituita da verdura e frutta.
Una dieta troppo ricca di proteine, che superi perciò i 30 grammi
giornalieri complessivi (contenuti in un piccolo hamburger), comporterà
pertanto un'eccessiva acidificazione che dovrà essere tamponata
prelevando inizialmente Sodio dalla ormai famosa Riserva Alcalina.
Una volta esaurite le scorte di Sodio, l'organismo, sempre allo scopo di
bilanciare l'eccessiva acidità indotta dalle proteine contenute nella
carne, latte, formaggi ecc., utilizza un altro minerale prezioso ed
essenziale per il suo metabolismo, il Calcio, prelevato dalla banca
dello scheletro, demineralizzando le ossa e predisponendo all'insorgenza
di Osteoporosi e peggiorandone l'evoluzione nei soggetti più anziani.
In breve, tutti i vari sistemi tampone dell'organismo vengono coinvolti
ed appena il tenore di proteine nella dieta aumenta si verificano una
congestione cellulare ed un'intensa putrefazione batterica intestinale
(dovuta al prolungato tempo di stazionamento intestinale richiesto per
la digestione di carne, di latte e derivati), che favoriscono
l'insorgenza di malattie cronico-degenerative e la produzione di acido
ossalico responsabile, come l'acido urico, dell'insorgenza di reumatismi
e dolori articolari.
Le proteine e tutti gli altri nutrienti necessari al fabbisogno
individuale possono essere forniti ugualmente da verdura e frutta, con
minime aggiunte di carne, pollame o pesce.
Mangiando meno proteine animali l'organismo non è costretto a
neutralizzare eccessive quantità di acidi e l'introduzione di maggiori
quantitativi di frutta e vegetali, consente un rapido ed efficace
ripristino della Riserva Alcalina, salvaguardando il sistema
immunitario.
Con queste semplici precauzioni il Sodio potrà essere reintegrato a
livello cellulare ed il Calcio non verrà depleto dalle ossa, che non
dovranno comportarsi da tampone, sacrificando tale nobile elemento
strutturale per scopi detossificativi, ripristinando la salute cellulare
e dell'individuo, impedendo l'insorgenza di malattie croniche e
degenerative.
LA VERITA' SUL CALCIO E L'OSTEOPOROSI
Ironicamente, nell'Osteoporosi non si riscontrano che raramente livelli di Calcio più bassi del normale.
L'organismo è programmato per mantenere livelli di Calcemia compresi tra
i 9 ed i 10 mg/dl come funzione prioritaria, dal momento che lo Ione
Calcio è indispensabile per l'attività muscolare, la coagulazione del
sangue e tante altre funzioni vitali.
L'Osteoporosi si verifica anche con i livelli di Calcio normali.
E pertanto:
a) Il livello del calcio ematico non è il fattore determinante l'insorgenza dell'Osteoporosi.
b) Il Calcio ematico circolante non è utlizzabile per la prevenzione dell'Osteoporosi.
Partendo dal presupposto Ortomolecolare che il corpo non commette mai
errori, è possibile concludere che il Calcio consumato, di derivazione
latto-casearia, non è utilizzabile dall'organismo; d'altronde, se ciò
fosse vero, non esisterebbero più le condizioni di Calciodeficienza.
La qualità del Calcio presente nel siero può non essere idonea a
rifornire la matrice ossea, ma comunque adeguata a perseguire altre
finalità, quali per esempio la coagulazione ematica.
Sebbene l'organismo non sia in grado di utilizzare il Calcio derivante
dai latticini, contrariamente a quanto invece sostenuto dal alcune
pubblicità del settore che ci stordiscono con notizie false e
tendenziose, la carenza di Calcio nella dieta non è la causa
dell'Osteoporosi.
A proposito ritengo utile citare McDougall: “Le verdure contengono
sufficiente quantità di Calcio per soddisfare il fabbisogno sia
dell'adulto che dell'individuo in accrescimento. Sono attualmente
nosologicamente sconosciute carenze di Calcio dovute ad insufficiente
apporto alimentare, anche se la maggior parte delle persone non beve
latte dopo lo svezzamento”.
Perciò, se nella dieta quotidiana il calcio non manca, diviene ovvio che
ben altri fattori sono coinvolti nell'insorgenza dell'Osteoporosi:
troppe proteine, o cibi che producono un eccesso di ceneri acide che
sovraccaricano le naturali capacità di neutralizzazione e smaltimento
degli acidi.
Un organismo che presenti una carenza di sodio sarà costretto a
prelevare il Calcio dalle ossa per tamponare l'eccessiva acidità causata
dall'esagerato e continuativo abuso di proteine animali (carni, latte
ecc.). Il proverbio che afferma “Il latte è la migliore fonte del
Calcio” deve essere sfatato, infatti ulteriori studi dimostrano che ciò
non è necessariamente vero per gli individui adulti.
La frequenza di Osteoporosi è più elevata nelle popolazioni che
consumano ampie quantità di latte rispetto a quelle che non ne fanno uso
routinario ad ogni pasto.
Il Calcio, proveniente dai formaggi ed altri prodotti caseari, può
entrare nel circolo ematico, normalizzando la lettura ematochimica del
siero, però senza fornire quel Calcio utilizzabile per qualità sia per
l'effetto tampone che per fornire la matrice ossea.
D'altro canto, non è possibile fornire sufficiente quantità di Calcio ed
altre sostanze per prevenire l'Osteoporosi se il consumo di proteine è
troppo elevato. Latticini e derivati, vegetali a foglia verde e
supplementi a base di Calcio, acque fortemente mineralizzate, non
potranno fornire Calcio utilizzabile per l'organismo, nè
controbilanciarne il devastante effetto dell'eccesso di proteine nella
dieta.
Il latte come tabù dal punto di vista alimentare, una volta considerato
l'”alimento perfetto”, panacea per tutti i mali, pare irrimediabilmente
avviato al tramonto.
Fin dal 1965, per la precisione, alcuni colleghi della John Hopkins
medical School scoprirono che una larga parte dei soggetti che
presentavano disturbi gastro-duodenali e colitici non tolleravano il
latte, o meglio non riuscivano a metabolizzare il lattosio, uno zucchero
complesso che si trova per l'appunto nel bianco nettare.
La mucosa dell'intestino tenue non riesce ad assorbire le voluminose
molecole del lattosio ed è perciò costretta a trasformarle in
monosaccaridi, o zuccheri semplici, glucosio e galattosio, per poterle
smontare e convertirle in energia, tramite l'azione chimica,
indispensabile, di un enzima denominato Lattasi.
Questo enzima però può essere deficiente nel 75% degli individui di
razza negra e nel 20% di razza bianca e pigro nella maggioranza
dell'umanità.
In pratica, se questi individui, con forte deficienza dell'enzima
lattasi, bevono una tazza di latte, mangiano un gelato, un dolce fatto
con il latte o bevono perfino il cappuccino del mattino, non essendo in
grado di metabolizzare il famoso lattosio, lo accumuleranno in quantità
abnorme negli intestini, provocando fermentazione, metabolismo e
flatulenza.
La conseguenza di questo disagio sarà un ulteriore rigonfiamento ed
edema dell'intestino che per rimuovere lo “sgradito” ospire (il
lattosio) evacuerà le feci in forma liquida o diarroica.
Nella globalità degli individui dopo lo svezzamento si riduce
progressivamente la capacità di manipolare il famoso lattosio; basti
pensare che solo il 5% delle popolazioni orientali tollerano tale
polisaccaride.
L'apporto del latte è fisiologico nella prima fase della vita
dell'individuo, che raddoppia il suo peso nell'arco di circa 6 mesi,
dopodichè la produzione di latte anche nella madre viene spontaneamente
ridotta. Da questo momento in poi il latte, o meglio la capacità di
digerire il lattosio, comincia ad essere “dimenticata” dalle cellule
intestinali, in base all'imperativo biologico della legge filogenetica
che sancisce che “è la funzione che sviluppa l'organo” e di contro,
aggiungeremo noi, se l'organo, in questo caso l'intestino,
spontaneamente, non riesce più ad amministrare adeguatamente
l'assorbimento del lattosio, vorrà dire che è giunto il momento di
smetterla di somministrare latte o derivati (formaggi specialmente) ai
nostri figli, o ancor peggio ai nostri nonni e bisnonni a tutti i costi.
Solo l'uomo beve latte dopo lo svezzamento
In fin dei conti, se ci pensate bene, è proprio così: “Noi siamo l'unica
specie in natura che continua a consumare latte dopo lo svezzamento”
o, dovremmo dire, “a rubare” latte ad altri mammiferi che stanno
allattando, evento reso possibile solo se questi ultimi sono
particolarmente disponibili e domestici.
Poichè la nostra specie è sopravvissuta per milioni di anni prima che un
nostro progenitore riuscisse ad ammansire e mungere poi, il primo
bovino di sesso femminile è decisamente più che probabile che
l'implacabile selezione naturale non favorisse in maniera particolare la
sopravvivenza di individui capaci di metabolizzare il lattosio anche
dopo lo svezzamento e l'infanzia.
A questo punto, sorge spontanea la domanda: “se le popolazioni avessero
necessità di bere latte in grossi quantitativi per sopravvivere, la
Biologia della specie umana avrebbe sostenuto, dal punto di vista
riproduttivo, proprio quegli individui caratterizzati dalla “lattasi
sufficienza” e, di contro, inibito a livello di competizione
riproduttiva i soggetti provvisti dalla “lattasi insufficienza”?
Le cifre e le statistiche parlano chiaro, ma ancor più eloquente è la
risposta fornita dalla filogenesi evolutiva della razza umana, che di
fatto dopo lo svezzamento perde la capacità di utilizzare il latte, o
meglio il lattosio.
Bisogna sfatare inoltre l'aforisma “la mamma per fare latte deve bere
latte”. Forse la mucca, che in natura fornisce quantità di latte ben più
industriali delle mamme, si nutre anche essa di latte? Certo che no,
visto che i bovini sono ruminanti.... e giustamente ruminano solo erba!
Adolfo Panfili
Medico Chirurgo
Specialista Medicina Ortomolecolare
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