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martedì 30 luglio 2019
lunedì 29 luglio 2019
Associazione Animalista Ambientalista: https://www.facebook.com/alexsandra.dealmeida.357/...
Associazione Animalista Ambientalista: https://www.facebook.com/alexsandra.dealmeida.357/...: https://www.facebook.com/alexsandra.dealmeida.357/videos/504330163654170/
venerdì 19 luglio 2019
inquinamento atmosferico
Fonti di energia alternative al petrolio Fonti di energia alternative al petrolio. (tema svolto) L'Italia e tutto il Mondo attuale dipende dal petrolio. Le riserve disponibili e le previsioni dei fabbisogno petrolifero mondiale futuro suggeriscono che l'umanità abbia urgenternente bisogno di trovare fonti alternative di energia. Secondo me bisogna cercare nuove risorse per attingere l'energia pulita per tre motivi. In primo luogo, il petrolio è molto costoso per i costi di estrazione e di lavorazione, pensiamo ad esempio alla benzina che ci vogliono molti processi di raffinazione per giungere a quest'ultima. In secondo luogo, questa fonte di energia produce inquinamento atmosferico e tossicità di alcuni suoi derivati. Infine'il petrolio è molto dannoso in caso di rischi ambientali e geologici. Qualcuno, a questo proposito, potrebbe obiettare che il petrolio è utile e le riserve mondiali di greggio ammontano a circa 700 miliardi di barili inoltre è l'unico capace di soddisfare il fabbisogno mondiale. Ma queste sono falsità in quanto allo stato attuale l'unico combustibile alternativo al petrolio, capace di soddisfare l'enorme fabbisogno energetico della società moderna, resta il carbon fossile, disponibile in tutto il mondo in quantità relativamente abbondanti. In conclusione di ciò resta da dire che il petrolio è una di quelle fonti, insieme all'energia nucleare, che sarebbe meglio non utilizzare. Le fonti di energia alternative al petrolio” (tema svolto) Uno degli argomenti più discussi del mondo moderno riguarda le fonti di energia e l'inquinamento di alcune di queste. La fonte di energia più usata e più dannosa è il petrolio. Il petrolio è da sempre usato nella produzione di carburante per motori come la benzina, carburanti che emessi dai tubi di scappamento delle autovetture provocano un`enorme inquinamento atmosferico.Il petrolio non è una fonte illimitata ma è in esaurimento quindi il suo prezzo è molto elevato, ma allora perché usare una fonte di energia costosa scarsa e inquinante? Da tempo si sta cercando di promuovere fonti di energia alternative soprattutto l'elettricità. Secondo me si dovrebbe cercare di promuovere maggiormente l'energia elettrica soprattutto nel campo automobilistico. L'energia elettrica è un'energia praticamente illimitata che si può produrre in molti modi ma soprattutto non è inquinante, quindi un`energia totalmente migliore al petrolio su molti aspetti, purtroppo questo tipo di energia è utilizzata moltissimo ma viene soprattutto promossa da alcuni stati che guadagnano moltissimo sulla produzione di petrolio. Il problema è che più questa fonte viene usata e più il nostro pianeta si “ammala” tramite il noto effetto serra che sta portando a un surriscaldamento del pianeta e al disgelo dei ghiacci. Concludendo le fonti di energia alternative al petrolio esistono e sono meno dannose e più economiche speriamo che vengano utilizzate prima che il nostro pianeta risenta le conseguenze di alcune font Continua »
Biodiversità
Biodiversità, Onu: “L’uomo una minaccia per tutte le specie”. Italia in ritardo
di Davide Patitucci | 21 Maggio 2014
95
Più informazioni su: Alaska, Biodiversità, Cambiamenti Climatici, Clima, Consumo Energetico, Darwin, Ecosistema, Ministero dell’Ambiente, ONU, Terra
I primi profughi climatici potrebbero essere eschimesi. La scelta dell’Onu quest’anno è caduta sull’ecosistema delle isole, in particolar modo le più piccole, in cui vive circa un decimo della popolazione mondiale. Un habitat considerato tra i più vulnerabili ai mutamenti climatici, basti pensare alla fragilità delle barriere coralline. I pericoli maggiori per questi ecosistemi, secondo gli ultimi rapporti dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), l’organismo delle Nazioni Unite per lo studio del clima, sono rappresentati dall’innalzamento del livello degli oceani, stimato dall’Ipcc tra 0,18 e 0,59 metri entro la fine del secolo, e dalle tempeste sempre più frequenti e violente, che rischiano di creare profughi climatici. I primi potrebbero essere i 400 eschimesi che abitano la piccola isola di Kivalina, di fronte la costa ovest dell’Alaska, che secondo gli esperti potrebbe essere tra le prime a sparire entro il 2025.
Le isole sono un’importante cartina al tornasole della biodiversità. Lo sapeva bene Charles Darwin che, grazie anche alle osservazioni compiute su un habitat insulare, le Galapagos, riuscì a elaborare la sua teoria dell’evoluzione. E lo confermano le indagini della cosiddetta Lista rossa delle specie in pericolo, che proprio quest’anno compie 50 anni, in base alle quali il 90% degli uccelli e il 75% delle specie animali estinte a partire dal 17esimo secolo vivevano in habitat insulari. Vero e proprio “Barometro della vita”, secondo una definizione della rivista Science, la Lista, messa a punto dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), assegna a più di 70mila specie una categoria di rischio. Si va dalle specie estinte a quelle fuori pericolo, passando dagli organismi che ormai sopravvivono solo in cattività a quelli che, a vari livelli, sono minacciati di estinzione.
Biodiversità, 30mila specie perse ogni anno. Ma perché è così importante la biodiversità? Questo termine è usato comunemente per indicare l’insieme degli individui e delle specie che vivono in una determinata area. Definizione che, estesa all’intero Pianeta, porta a descrivere la biodiversità come “La varietà della vita sulla Terra a tutti i livelli”. Un concetto che può sembrare in apparenza generico e lontano. Ma che, espresso in termini di relazione degli organismi tra loro e con l’ambiente, come amano fare gli scienziati, riguarda da vicino una specie in particolare e il suo modo di vivere il rapporto con la natura, l’Homo sapiens. Specie che, a dispetto del nome, sta modificando sempre più gli equilibri esistenti tra gli ecosistemi, con seri rischi per l’ambiente. Il biologo di Harvard Edward Owen Wilson più di un decennio fa ha quantificato in 30mila specie l’anno la perdita di biodiversità terrestre, e sintetizzato il peso dell’uomo sulla diversità biologica coniando un curioso acronimo, “HIPPO”. Parola in cui la “H” sta per “Habitat loss”, cioè la perdita di ambiente naturale in favore di coltivazioni e insediamenti umani; la “I” per “Invasive species”, le specie aliene introdotte dall’uomo in ecosistemi diversi da quelli di origine, che proliferano in maniera incontrollata fino a sterminare quelle indigene; le due “P” per “Pollution”, l’inquinamento antropico e “Population”, a indicare la continua crescita della popolazione umana, giunta ormai a superare i sette miliardi di individui; infine la “O” che sta per “Overharvesting”, il crescente sequestro delle risorse ambientali fino al loro completo depauperamento. Pressioni ambientali cui va, inoltre, aggiunto il mutamento globale del clima.
Ipcc, incremento aree urbane e perdita di suolo fertile. “Maggiore è il grado di biodiversità, più grande sarà la capacità degli ecosistemi di sopportare perturbazioni esterne, indotte ad esempio dai cambiamenti climatici”, affermano gli scienziati dell’Ipcc per sottolineare l’importanza della diversità biologica. “L’incremento e la diffusione delle aree urbane e delle relative infrastrutture – aggiungono gli esperti della Convenzione Onu sulla biodiversità – ha determinato un aumento dei trasporti e del consumo energetico, con la conseguente crescita delle emissioni di gas serra e inquinanti atmosferici. Inoltre – sottolineano gli studiosi di biodiversità – la trasformazione dei terreni da naturali, come le foreste, ad altre destinazioni d’uso, semi-naturali come le coltivazioni, o artificiali come le infrastrutture, non solo sta provocando la permanente, e in molti casi irreversibile, perdita di suolo fertile, ma ha anche altri effetti negativi, come l’alterazione degli equilibri idrogeologici”.
L’Italia perde 8 metri quadrati di terreno al secondo. L’Italia, proprio sul tema del dissesto idrogeologico, sta ancora perdendo terreno. Letteralmente. Secondo l’ultimo report dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale la crisi non sembra aver affatto frenato il consumo di suolo nel nostro Paese. “Il fenomeno è in aumento, al ritmo di 8 m2 al secondo. Negli ultimi tre anni – affermano gli esperti italiani – abbiamo divorato un’area di 720 km2, grande come cinque capoluoghi di regione, Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo, perdendo così la capacità di trattenere 270 milioni di tonnellate d’acqua. Il 7,3% del territorio è ormai da considerare perso. La cementificazione – si legge inoltre nel rapporto – ha comportato tra il 2009 e il 2012 l’immissione in atmosfera di 21 milioni di tonnellate di CO2, valore pari a 4 milioni di utilitarie in più, l’11% dei veicoli circolanti nel 2012”.
Eppure, il nostro Paese parte da una condizione di privilegio. “L’Italia – sottolineano gli esperti Onu sulla biodiversità – grazie alla sua varietà geografica che comprende regioni alpine, continentali e mediterranee, e alle sue coste che si estendono per 7400 km, è un Paese estremamente ricco in biodiversità, con il più elevato numero e la maggiore densità di specie animali e vegetali dell’Unione Europea. La stima – in base ai dati delle Nazioni Unite – è di 58mila specie animali, il 95% delle quali rappresentate da invertebrati, 6700 specie vegetali e 20mila fungine. Ogni anno, inoltre, sono almeno 20 le nuove specie classificate sul territorio nazionale, di cui una percentuale superiore al 10% è rappresentata da aree protette”.
Ma costa sta facendo il nostro Paese per mantenere questo primato europeo? Se in ambito economico e finanziario ha preso provvedimenti, spesso all’insegna di austerità e rigore, con la motivazione che erano richiesti dall’Europa, sulla diversità biologica, dopo aver ratificato nel 1994 la Convenzione Onu, l’Italia è in linea con gli organismi internazionali?
Dopo la Convenzione Onu, carenze e mancanza di coordinamento. Nel 2010, in occasione dell’Anno internazionale della diversità biologica, il ministero dell’Ambiente ha messo a punto la “Strategia nazionale per la biodiversità” , un documento suddiviso in tre punti cardine: biodiversità ed ecosistemi, biodiversità e cambiamento climatico, biodiversità e politiche economiche, che devono trovare attuazione nel decennio 2011-2020. Nel 2015, anno di scadenza dei cosiddetti Obiettivi del millennio tra i quali c’è, al settimo punto, quello di assicurare la sostenibilità ambientale, ad esempio riducendo proprio la perdita di biodiversità – è in programma una verifica approfondita sulla validità dell’impostazione della strategia.
Ma un primo parziale bilancio esiste già. È rappresentato dalla prima analisi, tra quelle previste con cadenza biennale, dello stato di attuazione della strategia nazionale. Nelle conclusioni del rapporto, redatto dallo stesso ministero dell’Ambiente e riferito agli anni 2011-2012, emergono ancora molte ombre. Nella tabella delle quindici aree di lavoro in cui è stata suddivisa la strategia, la scala cromatica che evidenzia lo stato di attuazione degli interventi mostra solo un piccolo quadratino verde, come segno tangibile di un risultato positivo, in mezzo a tanti grigi. Nel report si parla, ad esempio, di “Carenze dovute ad un assetto nazionale e locale che spesso risente della mancanza di coordinamento nell’adempiere agli obblighi assunti” e di “Ritardi e scarsa incisività che spesso comportano l’apertura di procedure d’infrazione”. Si sottolinea, inoltre, che “Lo stato di crisi globale, comunitaria e nazionale, non facilita l’interesse verso i temi della conservazione della biodiversità, malgrado rappresentino una risorsa fondamentale su cui fare affidamento”.
Il paleontologo Eldredge: “La vita si è sempre ripresa dopo una estinzione”. Ma la Natura, a dispetto del disinteresse umano, potrebbe da sola trovare le giuste contromisure. “La vita ha capacità di recupero incredibili e si è sempre ripresa, anche se dopo lunghi intervalli di tempo, in seguito a spasmi di estinzione importanti – afferma Niles Eldredge, paleontologo dell’American museum of natural history di New York, in un’enciclopedia integrata della biodiversità, dell’ecologia e dell’evoluzione, dal titolo “La vita sulla Terra”. Ma questa ripresa è sempre avvenuta solo dopo la scomparsa di ciò che aveva provocato l’estinzione. E, poiché nel caso della sesta estinzione la causa siamo noi, l’Homo sapiens, questo significherebbe la nostra stessa scomparsa. A meno che – auspica lo studioso americano – non scegliamo di modificare i nostri comportamenti nei confronti dell’ecosistema globale”.
L'uomo una minaccia per tutte le specie
Biodiversità, Onu: “L’uomo una minaccia per tutte le specie”. Italia in ritardo
di Davide Patitucci | 21 Maggio 2014
95
Più informazioni su: Alaska, Biodiversità, Cambiamenti Climatici, Clima, Consumo Energetico, Darwin, Ecosistema, Ministero dell’Ambiente, ONU, Terra
I primi profughi climatici potrebbero essere eschimesi. La scelta dell’Onu quest’anno è caduta sull’ecosistema delle isole, in particolar modo le più piccole, in cui vive circa un decimo della popolazione mondiale. Un habitat considerato tra i più vulnerabili ai mutamenti climatici, basti pensare alla fragilità delle barriere coralline. I pericoli maggiori per questi ecosistemi, secondo gli ultimi rapporti dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), l’organismo delle Nazioni Unite per lo studio del clima, sono rappresentati dall’innalzamento del livello degli oceani, stimato dall’Ipcc tra 0,18 e 0,59 metri entro la fine del secolo, e dalle tempeste sempre più frequenti e violente, che rischiano di creare profughi climatici. I primi potrebbero essere i 400 eschimesi che abitano la piccola isola di Kivalina, di fronte la costa ovest dell’Alaska, che secondo gli esperti potrebbe essere tra le prime a sparire entro il 2025.
Le isole sono un’importante cartina al tornasole della biodiversità. Lo sapeva bene Charles Darwin che, grazie anche alle osservazioni compiute su un habitat insulare, le Galapagos, riuscì a elaborare la sua teoria dell’evoluzione. E lo confermano le indagini della cosiddetta Lista rossa delle specie in pericolo, che proprio quest’anno compie 50 anni, in base alle quali il 90% degli uccelli e il 75% delle specie animali estinte a partire dal 17esimo secolo vivevano in habitat insulari. Vero e proprio “Barometro della vita”, secondo una definizione della rivista Science, la Lista, messa a punto dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), assegna a più di 70mila specie una categoria di rischio. Si va dalle specie estinte a quelle fuori pericolo, passando dagli organismi che ormai sopravvivono solo in cattività a quelli che, a vari livelli, sono minacciati di estinzione.
Biodiversità, 30mila specie perse ogni anno. Ma perché è così importante la biodiversità? Questo termine è usato comunemente per indicare l’insieme degli individui e delle specie che vivono in una determinata area. Definizione che, estesa all’intero Pianeta, porta a descrivere la biodiversità come “La varietà della vita sulla Terra a tutti i livelli”. Un concetto che può sembrare in apparenza generico e lontano. Ma che, espresso in termini di relazione degli organismi tra loro e con l’ambiente, come amano fare gli scienziati, riguarda da vicino una specie in particolare e il suo modo di vivere il rapporto con la natura, l’Homo sapiens. Specie che, a dispetto del nome, sta modificando sempre più gli equilibri esistenti tra gli ecosistemi, con seri rischi per l’ambiente. Il biologo di Harvard Edward Owen Wilson più di un decennio fa ha quantificato in 30mila specie l’anno la perdita di biodiversità terrestre, e sintetizzato il peso dell’uomo sulla diversità biologica coniando un curioso acronimo, “HIPPO”. Parola in cui la “H” sta per “Habitat loss”, cioè la perdita di ambiente naturale in favore di coltivazioni e insediamenti umani; la “I” per “Invasive species”, le specie aliene introdotte dall’uomo in ecosistemi diversi da quelli di origine, che proliferano in maniera incontrollata fino a sterminare quelle indigene; le due “P” per “Pollution”, l’inquinamento antropico e “Population”, a indicare la continua crescita della popolazione umana, giunta ormai a superare i sette miliardi di individui; infine la “O” che sta per “Overharvesting”, il crescente sequestro delle risorse ambientali fino al loro completo depauperamento. Pressioni ambientali cui va, inoltre, aggiunto il mutamento globale del clima.
Ipcc, incremento aree urbane e perdita di suolo fertile. “Maggiore è il grado di biodiversità, più grande sarà la capacità degli ecosistemi di sopportare perturbazioni esterne, indotte ad esempio dai cambiamenti climatici”, affermano gli scienziati dell’Ipcc per sottolineare l’importanza della diversità biologica. “L’incremento e la diffusione delle aree urbane e delle relative infrastrutture – aggiungono gli esperti della Convenzione Onu sulla biodiversità – ha determinato un aumento dei trasporti e del consumo energetico, con la conseguente crescita delle emissioni di gas serra e inquinanti atmosferici. Inoltre – sottolineano gli studiosi di biodiversità – la trasformazione dei terreni da naturali, come le foreste, ad altre destinazioni d’uso, semi-naturali come le coltivazioni, o artificiali come le infrastrutture, non solo sta provocando la permanente, e in molti casi irreversibile, perdita di suolo fertile, ma ha anche altri effetti negativi, come l’alterazione degli equilibri idrogeologici”.
L’Italia perde 8 metri quadrati di terreno al secondo. L’Italia, proprio sul tema del dissesto idrogeologico, sta ancora perdendo terreno. Letteralmente. Secondo l’ultimo report dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale la crisi non sembra aver affatto frenato il consumo di suolo nel nostro Paese. “Il fenomeno è in aumento, al ritmo di 8 m2 al secondo. Negli ultimi tre anni – affermano gli esperti italiani – abbiamo divorato un’area di 720 km2, grande come cinque capoluoghi di regione, Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo, perdendo così la capacità di trattenere 270 milioni di tonnellate d’acqua. Il 7,3% del territorio è ormai da considerare perso. La cementificazione – si legge inoltre nel rapporto – ha comportato tra il 2009 e il 2012 l’immissione in atmosfera di 21 milioni di tonnellate di CO2, valore pari a 4 milioni di utilitarie in più, l’11% dei veicoli circolanti nel 2012”.
Eppure, il nostro Paese parte da una condizione di privilegio. “L’Italia – sottolineano gli esperti Onu sulla biodiversità – grazie alla sua varietà geografica che comprende regioni alpine, continentali e mediterranee, e alle sue coste che si estendono per 7400 km, è un Paese estremamente ricco in biodiversità, con il più elevato numero e la maggiore densità di specie animali e vegetali dell’Unione Europea. La stima – in base ai dati delle Nazioni Unite – è di 58mila specie animali, il 95% delle quali rappresentate da invertebrati, 6700 specie vegetali e 20mila fungine. Ogni anno, inoltre, sono almeno 20 le nuove specie classificate sul territorio nazionale, di cui una percentuale superiore al 10% è rappresentata da aree protette”.
Ma costa sta facendo il nostro Paese per mantenere questo primato europeo? Se in ambito economico e finanziario ha preso provvedimenti, spesso all’insegna di austerità e rigore, con la motivazione che erano richiesti dall’Europa, sulla diversità biologica, dopo aver ratificato nel 1994 la Convenzione Onu, l’Italia è in linea con gli organismi internazionali?
Dopo la Convenzione Onu, carenze e mancanza di coordinamento. Nel 2010, in occasione dell’Anno internazionale della diversità biologica, il ministero dell’Ambiente ha messo a punto la “Strategia nazionale per la biodiversità” , un documento suddiviso in tre punti cardine: biodiversità ed ecosistemi, biodiversità e cambiamento climatico, biodiversità e politiche economiche, che devono trovare attuazione nel decennio 2011-2020. Nel 2015, anno di scadenza dei cosiddetti Obiettivi del millennio tra i quali c’è, al settimo punto, quello di assicurare la sostenibilità ambientale, ad esempio riducendo proprio la perdita di biodiversità – è in programma una verifica approfondita sulla validità dell’impostazione della strategia.
Ma un primo parziale bilancio esiste già. È rappresentato dalla prima analisi, tra quelle previste con cadenza biennale, dello stato di attuazione della strategia nazionale. Nelle conclusioni del rapporto, redatto dallo stesso ministero dell’Ambiente e riferito agli anni 2011-2012, emergono ancora molte ombre. Nella tabella delle quindici aree di lavoro in cui è stata suddivisa la strategia, la scala cromatica che evidenzia lo stato di attuazione degli interventi mostra solo un piccolo quadratino verde, come segno tangibile di un risultato positivo, in mezzo a tanti grigi. Nel report si parla, ad esempio, di “Carenze dovute ad un assetto nazionale e locale che spesso risente della mancanza di coordinamento nell’adempiere agli obblighi assunti” e di “Ritardi e scarsa incisività che spesso comportano l’apertura di procedure d’infrazione”. Si sottolinea, inoltre, che “Lo stato di crisi globale, comunitaria e nazionale, non facilita l’interesse verso i temi della conservazione della biodiversità, malgrado rappresentino una risorsa fondamentale su cui fare affidamento”.
Il paleontologo Eldredge: “La vita si è sempre ripresa dopo una estinzione”. Ma la Natura, a dispetto del disinteresse umano, potrebbe da sola trovare le giuste contromisure. “La vita ha capacità di recupero incredibili e si è sempre ripresa, anche se dopo lunghi intervalli di tempo, in seguito a spasmi di estinzione importanti – afferma Niles Eldredge, paleontologo dell’American museum of natural history di New York, in un’enciclopedia integrata della biodiversità, dell’ecologia e dell’evoluzione, dal titolo “La vita sulla Terra”. Ma questa ripresa è sempre avvenuta solo dopo la scomparsa di ciò che aveva provocato l’estinzione. E, poiché nel caso della sesta estinzione la causa siamo noi, l’Homo sapiens, questo significherebbe la nostra stessa scomparsa. A meno che – auspica lo studioso americano – non scegliamo di modificare i nostri comportamenti nei confronti dell’ecosistema globale”.
giovedì 18 luglio 2019
LE ASSOCIAZIONI CHE LUCRANO SULLA PELLE DEGLI ANIMALI.
ONLUSsiani: LE ASSOCIAZIONI CHE LUCRANO SULLA PELLE DEGLI ANIMALI.
INVITIAMO A NON DONARE CONTRIBUTI E 5X1000 ALLE ONLUS NON VIRTUOSE CHE NON RISPETTANO I SUGGERIMENTI DELLE BEST PRACTICES ( 20 % max per la gestione dell'associazione e raccolta fondi, l'80% per la social mission) E COINVOLTE IN FATTI PENALMENTE RILEVANTI O ETICAMENTE DEPRECABILI A DANNO DEGLI ANIMALI.
Il 5 x 1000 indica una quota dell'imposta Irpef, che lo Stato ripartisce, per dare sostegno, tra enti che svolgono attività socialmente rilevanti. Si tratta di finanziamento pubblico, visto che per lo Stato rappresenta un provvedimento di spesa, in quanto vincola parte del gettito dell'imposta sui redditi (IRPEF) alle finalità individuate dal contribuente. Per il beneficiario non sono contributi pubblici ma contributi di natura istituzionale, di fatto i beneficiari non sono tenuti ad osservare una specifica ripartizione tra le spese di gestione/stipendi ed i costi per le attività istituzionali ovvero per la social mission.
Tale condizione genera un business milionario ai danni degli animali. Mediamente ed in generale gli enti beneficiari spartiscono circa l’80% tra stipendi e compensi d'oro, investimenti immobiliari e finanziari, depositi bancari e postali ed immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati, prestigiosi appartamenti sulle rive del Mar Rosso, a due passi dal paradiso di Sharm El Sheikh), spettacoli musicali con artisti, ma anche soggiorni in lussuosi alberghi all'estero, cure mediche in cliniche specializzate nella sostituzione dell'intera dentatura in tre giorni ovviamente per umani (scandalo Animalopoli/ENPA), costose campagne di propaganda e raccolta fondi, spese di supporto generale e quanto altro. Di contro solo il 10% viene destinato per le cure veterinarie e per gli alimenti per gli animali.
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ABBIAMO STILATO UNA LISTA DELLE ONLUS DEPRECABILI PER FATTI E COMPORTAMENTI IMMORALI O PENALMENTE RILEVANTI A DANNO DEGLI ANIMALI E CHE NON RISPETTANO I SUGGERIMENTI DELLE BEST PRACTICES.
A TITOLO ESEMPLIFICATIVO L’ ULTIMO BILANCIO PUBBLICATO DALL'ENPA, L'ASSOCIAZIONE PIU' "RICCA" D'ITALIA:
I 13.000.000,00 DI EURO DI COSTI RELATIVI ALL’ANNO 2015 (CONTO ECONOMICO dell' ultimo bilancio pubblicato http://www.enpa.it/upload/content/20161025134855396.PDF ) SONO COSI' SUDDIVISI - 7,5 MILIONI DI EURO TRA STIPENDI, COMPENSI E PRESTAZIONI - 1 MILIONE CIRCA PER LA COMUNICAZIONE - 1 MILIONE CIRCA PER UTENZE, SERVIZI, MANUTENZIONE, MATERIALE CONSUMO - 1 MILIONE CIRCA PER ONERI FISCALI, FINANZIARI, AMMINISTRATIVI, PROMOZIONI......E SOLTANTO 53 MILA EURO SU 13 MILIONI DI EURO PER L'ESERCIZIO AMBULATORI VETERINARI
L’ENPA è coinvolta anche nella gestione illegale del CANILE LAGER DI GALATINA. VIDEO LA 7 PUGLIA, A GALATINA IL CANILE DEGLI ORRORI fino ai recenti scandali di sottrazione illegale di fondi associativi e false deleghe oggetto di ben otto servizi in tre mesi del programma Striscia la notizia ( servizio 1 - servizio 2 - servizio 3 - servizio 4 - servizio 5 - servizio 6 - servizio 7 - servizio 8 );
VERGOGNOSO SCANDALO ENPA, ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI: SI SONO RUBATI MILIONI DI EURO DONATI DAI CITTADINI ITALIANI PER AIUTARE GLI ANIMALI SOFFERENTI. I VERTICI SI SONO ARRICCHITI LUCRANDO SULLA PELLE DEGLI ANIMALI CHE CONTINUAVANO A MORIRE CON ATROCI SOFFERENZE http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/enpa-ente-nazionale-protezione-animali_31557.shtml
Inoltre riscontriamo una ingiustificata ingerenza del Presidente ENPA , Carla Rocchi ex senatrice dei Verdi per 4 legislature, cha ha schierato politicamente l'Ente morale di diritto privato apartitico e senza scopo di lucro all'interno del partito politico animalista di Berlusconi in
area centrodestra. Di fatto ha autorizzato commissari e presidenti locali, capi dei nuclei operativi guardie ambientali e zoofile, referenti scientifici nazionali ed anche semplici attivisti dell'Enpa di ricoprire ruoli dirigenziali nelle sedi provinciali del medesimo partito affermando falsamente che " Non è di destra nè di sinistra."
A SEGUIRE LE ALTRE ASSOCIAZIONI, LAV , LA SECONDA PIU’ “RICCA” D’ITALIA:
BILANCIO SOCIALE 2015. CON UNO STATO PATRIMONIALE ATTIVO E PASSIVO DI EURO 9.500.000,00 E CIRCA EURO 4.500.000,00 DI COSTI ANNUI DI CUI SOLO UN TERZO PER LE ATTIVITA’ TEMATICHE ISTITUZIONALI (tra queste attività rientrano inspiegabilmente anche i costi di 116.525,00 per MODA ANIMAL FREE ?, 137.000,00 per RAPPORTI ISTITUZUIONALI/INTERNAZIONALI ?, 172.184,00 per SCELTA VEGAN ? .... ed altro). TUTTO IL RESTO PER LA GESTIONE E STIPENDI E COMPENSI ( risulta anche il costo di euro 221.164,00 per ONERI EREDITA’ E LASCITI TESTAMENTARI). INOLTRE NELLO STATO PATRIMONIALE RISCONTRIAMO CAPITOLO B - IMMOBILIZZAZIONI IMMOBILIARI - TERRENI E FABBRICATI EURO 3.714.933,00; CAPITOLO C - ATTIVO CIRCOLANTE - DEPOSITI BANCARI E POSTALI EURO 4.514.840,00. LA LAV E’ COINVOLTA NELLO SCANDALO “ SCAVI DI POMPEI, RANDAGI D’ORO. SPESI 100 MILA EURO PER CENSIRE 55 CANI” LA STORIA DEI RANDAGI POMPEIANI È FINITA ANCHE IN UNA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE CON QUESTI NUMERI: “55 CANI CENSITI; 26 CANI ADOTTATI; 3 CANI RESTITUITI AL LEGITTIMO PROPRIETARIO; 2 CANI TRASFERITI IN CENTRO DI ACCOGLIENZA PER PERCORSO EDUCATIVO. COSTO DLL’OPERAZIONE ? OLTRE 100.000,00 EURO “
Riscontriamo inoltre che il Consigliere nazionale LAV, Simone Pavesi, ricopre contestualmente la carica di Dirigente nazionale nella qualità di Coordinatore del Comitato elaborazione programmi di Movimento Animalista, di fatto ha dato una connotazione politica di CENTRO DESTRA BERLUSCONIANO alla Onlus da lui rappresentata violando i principi stessi della Onlus che per definizione è apolitica ed apartitica.
http://www.radioradicale.it/scheda/522592/difendi-la-vita-prima-assemblea-pubblica-del-movimento-animalista Prima assemblea pubblica del “Movimento Animalista", svoltasi a Milano sabato 16 settembre 2017; al minuto 16:17 Simone Pavesi è stato presentato nella qualità di Consigliere nazionale LAV e contestualmente Coordinatore del Comitato elaborazione programmi di Movimento Animalista. Nel suo intervento mente sapendo di mentire quando afferma che grazie al Movimento Animalista che entrerà nel Parlamento italiano e nei Consigli regionali la caccia verrà abolita.
Vorremmo sapere cosa ne pensano i tesserati LAV della scelta politica assunta dal Consigliere nazionale, qualora ne fossero a conoscenza visto che lo stesso Consigliere nega tutto spudoratamente.
LA ONLUS “AVCPP”, GESTORE FUORILEGGE DEI CANILI ROMANI PER UN VENTENNIO:
RESPONSABILE DELLA GESTIONE ILLEGALE, ACCERTATA DALL’ANAC L’AUTORITA’ NAZIONALE ANTI CORRUZIONE DEL MAGISTRATO CANTONE, DEI CANILI DI ROMA PER 15 ANNI, HA "INTASCATO" A TITOLO DI COMPENSI/STIPENDI D’ORO L'80% DEI FINANZIAMENTI PUBBLICI EROGATI DAL COMUNE DI ROMA ED ESATTAMENTE 48 MILIONI DI EURO SU 60 !!!
Lo scandalo del business dei randagi è stato oggetto di un accurato servizio nel programma l'Arena sul Rai 1 (dal minuto 1:22:20)
Da segnalare la complicità con l'associazione Animalisti Italiani Onlus per aver difeso a spada tratta in tutte le sedi, incluso il coinvolgimento degli esponenti del mondo dello spettacolo, la gestione fuorilegge AVCPP per cui gli investigatori indagano circa una Tor Sapienza animalist
L’ASSOCIAZIONE “ANIMALISTI ITALIANI ONLUS” PRESIDENTE WALTER CAPORALE
A rafforzare la connivenza con la AVCPP la nomina a dirigente nazionale con delega sul randagismo nonchè responsabile della sede romana degli Animalisti Italiani Onlus della Sig.ra Laura Sai vice presidente dellaAVCPP, l'associazione incriminata dall'Autorità giudiziaria del magistrato Cantone proprio sul business dei randagi.
SCANDALOSO !!! PER ANNI LUCRAVANO SULLA PELLE DEI POVERI RANDAGI.
Le mani della ‘Ndrangheta sul business illegale dei canili. Coinvolta la rappresentante reggina degli Animalisti Italiani Onlus arrestata dalla Polizia di Stato.
Il presidente dell’associazione Walter Caporale mentre abbraccia la delegata di Reggio Calabria e provincia degli Animalisti Italiani Onlus, Maria Antonia Catania, arrestata dalla Direzione Distrettuale Antimafia per il business illegale dei canili.
A margine della stessa operazione antimafia posto sotto sequestro anche il canile rifugio Il Parco cui per anni diversi Comuni hanno affidato la gestione dei randagi. Ovviamente a caro prezzo. L’associazione Animalisti Italiani Onlus, Reggio Calabria e provincia collaborava dal 2009 con il rifugio fino al giorno del sequestro.
L'associazione Animalisti Italiani Onlus è coinvolta in connivenze ingiustificate anche con le associazioni di cacciatori con cui hanno condiviso pubbliche manifestazioni.
Incomprensibile ed ingiustificabile anche il caloroso abbraccio tra il presidente della associazione Walter Caporale ed il direttore del mattatoio di Roma nonchè presidente dell'Unione Operatori Centro Carni, Alessandro Piroli (che è ricorso al Tar al fine di non sospendere la macellazione di elevati numeri di equidi imposta dal Comune di Roma, oltre ai bovini e suini), definito dallo stesso Caporale "Splendida persona dal cuore d'oro ed animalista"
Uccisione su richiesta del proprietario del proprio cane o gatto da parte di un veterinario e possibilità di abbattimento dei cani "inselvatichiti. Sono questi i contenuti shock di una proposta di legge "Norme sul controllo del randagismo, anagrafe canina e protezione degli animali d'affezione" di alcuni consiglieri della Regione Abruzzo tra cui Walter Caporale (presidente degli Animalisti Italiani Onlus), già approvata in Commissione.
Inoltre registriamo l’assenza di pubblicazione di bilanci on-line ed una distribuzione di parte rilevante dei fondi ricevuti per aiutare gli animali bisognosi su altri ambiti, come l’organizzazione di eventi musicali e sportivi, di spettacoli in costume, l’acquisto di materiale di abbigliamento e calzature, stipendi e consulenze.
L'associazione Animalisti Italiani Onlus ha pagato gli aguzzini cinesi per comprare i cani al mercato di Yulin, nonostante le 100 ONG internazionali ed associazioni animaliste cinesi avessero esortato i soccorritori occidentali a non pagare per salvare i cani - L'ACQUISTO DI CANI ALIMENTA IL COMMERCIO . 56 euro a cane, un vero e proprio riscatto visto che tale somma corrisponde a due stipendi medi di cittadini della provincia che ospita il Festival di Yulin. Tale sistema sviluppa il mercato e l'industria di carne di cane alimentando ulteriormente tale efferato crimine.
E' la legge della domanda e dell'offerta nel libero mercato. In economia domanda e offerta è un modello matematico di determinazione
del prezzo nell'ambito del sistema matematico denominato tecnicamente, con termine intuitivo, mercato. La legge dell'offerta afferma che la quantita' offerta di un bene aumenta all'aumentare del suo prezzo (relazione diretta positiva).Evidentemente il Corriere della Sera del gruppo RCS ( i cui azionisti sono cordate di imprenditori, colossi industriali e gruppi bancari) conosce perfettamente la legge della domanda e dell'offerta nel libero mercato per questo ha puntualizzato la criticità nel pagare per salvare cani al festival di Yulinche avrebbe alimentato ulteriormente tale efferato crimine.
Il presidente nonchè rappresentante legale Animalisti Italiani Onlus, Walter Caporale, è stato raggiunto da decreto penale di condanna per avere offeso la reputazione del presidente del Nucleo Operativo Italiano Tutela Animali, Enrico Rizzi ,
lo stesso Caporale è stato, inoltre, rinviato a giudizio per un altro reato di diffamazione.
Disdicevole la connivenza con il presidente degli Animalisti Onlus Alessandro Mosso, che ha richiesto e ricevuto denaro per circa 14 mila euro per riscattare 200 caprette destinate alla macellazione (di fatto alimentando il mercato del commercio di carne) indicando nell’evento FB che già 100 erano state salvate
ma successivamente nel medesimo evento è stato comunicato che il progetto era fallito e nessuna capretta è stata salvata. Tutti i commenti relativi alla richiesta di trasparenza sull'intera operazione a partire dall'indirizzo puntuale dell'allevamento all'estratto conto corrente bancario afferente tutte le donazioni ricevute, sono stati rimossi o non hanno avuto risposta..
L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE “OIPA ITALIA ONLUS” , PRESIDENTE MASSIMO COMPAROTTO:
OLTRE UN MILIONE DI EURO DI TOTALE ONERI RELATIVI ALL’ULTIMO ANNO (CONTO ECONOMICO dell' ultimo bilancio pubblicato http://www.oipa.org/italia/oipa/bilancio2016.pdf ) COSI' SUDDIVISO: - 277.977,31 : STIPENDI, PRESTAZIONI, RIMBORSO SPESE COLLABORATORI E VOLONTARI (CIRCA IL 27% DEL TOTALE) - 648.804,00 : BIRO LAPIS TEMPERINI GOMME GRAFFETTE SPILLATRICI E CARTA PER STAMPANTE, AMMORTAMENTI VARI FABBRICATI, AUTOMOBILI, COMPUTERS, STAMPANTI, FOTOCOPIATRICI, TELEFONI, MONITOR, UTENZE E SERVIZI, PROMOZIONE, OFFERTE AD ALTRE ONLUS (?) ECC.(CIRCA IL 62% DEL TOTALE) SOLTANTO 116.204,99 BENI E SPESE INTERVENTI DIRETTI PER ANIMALI (SOLO L'11% DEL TOTALE !!!).
FATTO GRAVISSIMO PENALMENTE RILEVANTE E MORALMENTE CONDANNABILE e’ il sequestro del canile lager siciliano gestito dal coordinatore provinciale guardie zoofile OIPA, giustificato dal Direttivo nazionale, rinviato a giudizio dalla Procura di Trapani a seguito di denuncia-querela del PAE.
MA GLI SCANDALI RIGUARDANO ANCHE PICCOLE ASSOCIAZIONE LOCALI, SOLO PER CITARE ALCUNI ESEMPI:
CERIGNOLA (Foggia) – Gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Foggia e di Manfredonia hanno sottoposto a sequestro sanitario il canile municipale di Cerignola gestito dall’Associazione protezione animali (Apac) e gli oltre 400 cani non regolarmente custoditi. Il presidente e i responsabili dell’Apac sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per maltrattamento di animali e truffa aggravata ai danni del Comune. CASTELVETRANO (Trapani) - Ancora cani morti nei rifugi "lager" dell’associazione Laica. La struttura nelle campagne di contrada Seggio e la casa con giardino in città, erano state sequestrate dai Carabinieri del Nas lo scorso dieci settembre e la signora è indagata per maltrattamento di animali.
Registriamo anche che la maggioranza delle onlus non pubblica i propri bilanci e rendicontazioni, giustificandosi e trincerandosi dietro il “consueto” pareggio di bilancio. sarebbe, pertanto, opportuno ed auspicabile chiedere di poter visionare la specifica ripartizione tra le spese di gestione/stipendi ed i costi per le attività istituzionali ovvero per la social mission e verificare che sia conforme ai suggerimenti delle best practices prima di effettuare il 5x1000 od altre donazioni.
ABBIAMO CONFRONTATO LE DUE ASSOCIAZIONI DI UTILITÀ SOCIALE PIÙ NOTE E IMPORTANTI, in ambiti diversi, ma agli antipodi tra loro, una virtuosa l'altra no. Quella virtuosa, Medici senza Frontiere, per ogni euro raccolto 82 centesimi sono destinati ai progetti, alla selezione degli operatori umanitari e alla sensibilizzazione; 16 centesimi sono le spese sostenute per raccogliere fondi destinati ai progetti; 2 centesimi sono le spese sostenute per la gestione dell'organizzazione. L'altra è l'associazione animalista più "ricca" e vecchia d'Italia, l'ENPA, di cui i circa 13 milioni di euro di costi, riportati nell'ultimo bilancio pubblicato, sono cosi' suddivisi: 7,5 milioni di euro tra stipendi e compensi; circa 1 milione di euro per la comunicazione; circa 1 milione di euro per utenze, servizi, manutenzione, materiale consumo e un altro milione circa per oneri fiscali, finanziari, amministrativi, promozioni. Ai cani solo le briciole
TALE SPARTIZIONE DI DENARO DI FATTO NON COSTITUISCE ILLECITO PENALE, E’ CONSENTITA DALLA LEGGE. PER NOI E’ RIPROVEVOLE ED ETICAMENTE CONDANNABILE SPECULARE SULLA PELLE DEGLI ANIMALI SOPRATTUTTO QUANDO I SOGGETTI IN CAUSA RAPPRESENTANO LE ONLUS “ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA’ SOCIALE” Al fine di evitare lo sviluppo di meccanismi speculativi e ingiustificatamente lucrativi sulla pelle degli animali proprio da chi li dovrebbe tutelare, il PAE ha inserito nel proprio programma politico l'obbligatorietà per i soggetti beneficiari (onlus, cooperative ed associazioni di promozione sociale e protezionistiche, enti morali) di ripartire i finanziamenti ricevuti ai sensi dei suggerimenti delle best practices che stabiliscono il tetto massimo del 20% per le spese di gestione e raccolta fondi ed il restante 80% da destinarsi alle categorie svantaggiate oggetto delle finalità statutarie. Pena l'esclusione dall'elenco dei soggetti destinatari del 5X1000 e, quindi, dalla ripartizione delle relative quote. Qualora il contributo sia stato già corrisposto, lo stesso, mancando i requisiti prescritti dalla norma, deve essere recuperato dallo Stato.
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