TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI
ASPETTI SOSTANZIALI E PROCEDURALI
A cura di Maurizio Santoloci e Carla Campanaro – Ufficio Legale Lav
INDICE
INTRODUZIONE
1 OGGETTO DI TUTELA
2 L’ANIMALE, QUALE INTERPRETAZIONE?
3 . UCCISIONE DI ANIMALI ART. 544 BIS C.P.‘ANIMALICIDIO’
4. REQUISITI DI ILLICEITA’ SPECIALE, LA CRUDELTA’ E LA MANCANZA DI
NECESSITA’
5. ART 544 TER C.P. -MALTRATTAMENTO D’ANIMALI
6. ART 544 QUATER C.P., SPETTACOLI E MANIFESTAZIONI VIETATI
7. ART 544 QUINQUIES C.P., ‘COMBATTIMENTI TRA ANIMALI ’
8. ART 727 C.P. , ‘ABBANDONO DI ANIMALI’
9. DIVIETO DI PELLICCE DI CANI E GATTI
10 .ART 544 SEXIES CP, ‘MISURE DI SICUREZZA E PENE ACCESSORIE ’
11 RAPPORTO DI SPECIALITA’ IN MATERIA DI TUTELA ANIMALI
12 UNA SIGNIFICATIVA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE A RIGUARDO
13 TUTELA GIURIDICA DEGLI ANIMALI PERCHE’ LAV?
APPENDICE NORMATIVA E GIURISPRUDENZIALE
2
INTRODUZIONE
La Lav è da sempre impegnata, tra le tante attività a tutela degli animali, a favorire il
riconoscimento dei loro diritti in campo legislativo prima e giurisprudenziale poi, oramai
pacificamente acquisito per la collettività, perché consapevole che un’azione efficace per la loro
tutela non può prescindere da un completo ed innovativo approccio legislativo. La legge 189 del
2004 nasce da un impegno costante dell’associazione in tal senso, e ad oggi, a tre anni dalla sua
emanazione, la Lav è costantemente impegnata su molteplici fronti per garantirne la corretta e
continua applicazione, attraverso un’opera di strenuo monitoraggio, denuncia e di
collaborazione con le istituzioni talvolta anche di denuncia delle stesse allorquando si verificano
gravi omissioni inerenti la tutela degli animali.
Questo elaborato nasce da un’esigenza precisa di diffondere il più possibile il prezioso contenuto
di una normativa che introduce ben 4 nuove ipotesi delittuose a danno di animali, reprime con
forza i maltrattamenti e sanziona finalmente in se l’uccisione di animale ( sulla falsariga del
delitto di omicidio è oggi perseguibile penalmente chiunque cagiona la morte di un animale),
affinché la sua portata applicativa non resti lettera morta nel codice penale, ma prenda vita e si
innesti in particolare in tutte quelle situazioni di fatto, le cosiddette prassi generalizzate,
rendendole finalmente illegali, alla luce appunto della corretta interpretazione della nuova
normativa. Ci riferiamo ad esempio all’uso dei collari elettrici sempre più condannato dalla
giurisprudenza penale seppur in assenza di espliciti divieti di utilizzo in tal senso, all’utilizzo dei
richiami vivi come barbara pratica venatoria che mostra gravi profili di maltrattamento, ai
crostacei lasciati vivi sul ghiaccio, tutte pratiche generalmente ammesse per uso o prassi, ma che
possono e devono e, come si vedrà nel corso del lavoro, attualmente sono messe in discussione
dalla giurisprudenza perché contrastanti con l’applicazione della nuova normativa e la
considerazione acquisita dell’animale quale essere senziente in grado di percepire dolore e
sofferenza.
E’ dunque un lavoro rivolto a tutti gli operatori di settore, dalle forze di polizia giudiziaria agli
avvocati a tutti gli attivisti di enti animalisti che con il loro prezioso lavoro, grazie anche ad un’
adeguata ed imprescindibile formazione sulla tutela giuridica dei diritti degli animali,
contribuiscono giorno dopo giorno al riconoscimento dei loro diritti.
3
1 OGGETTO DI TUTELA
Le quattro ipotesi delittuose introdotte nel capo IX bis del codice penale rubricato dei ‘Delitti contro il
sentimento per gli animali’ sono certamente da considerarsi reati plurioffensivi, da un lato tali reati
arrecano un danno al sentimento di pietà che la comunità prova per gli animali, dall’altro producono
ipso facto anche la lesione dell’animale stesso. I giudici di legittimità hanno più volte sottolineato
come tra il reato di cui all’art. 727 c. p.. e quello introdotto all’art. 544 ter c. p. dalla legge 20/7/2004
n. 189 sussiste continuità normativa non solo per l’identità della rubrica (Maltrattamento di animali),
ma anche perchè sono rimaste identiche le condotte punibili1, con ciò evidentemente aderendo alle
precedenti interpretazioni giurisprudenziali per cui bene giuridico penalmente rilevante è stato ritenuto
essere in via diretta il sentimento verso gli animali, ma in via mediata l’animale stesso. La stessa
Cassazione2 definisce le nuove fattispecie di reato ‘delitti contro il sentimento degli animali ’.
2 L’ANIMALE, QUALE INTERPRETAZIONE?
Dato comune a tutte le nuove fattispecie incriminatrici è il concetto di animale, elemento costitutivo
che individua, in via mediata il soggetto passivo della norma nonché l’elemento materiale su cui ricade
l’attività fisica dell’agente.
Quale è dunque la portata del concetto di animale alla luce della nuova normativa?
La legge 189 del 2004, con un nuovo intervento del legislatore dopo più di dieci anni in questa materia
dimostra la necessità di adeguare il codice alla mutata sensibilità sociale del fenomeno animale, e può
così ritenersi superata la restrittiva interpretazione del concetto di animale, annoverando ogni essere
vivente appartenente al genere animale, senza esclusione alcuna tra animali d’affezione ed animali che
non lo siano, tra vertebrati invertebrati (diversamente dal D.lgs n116/92 che garantisce solo le cavie
da laboratorio che siano vertebrati).
Ed infatti a sostegno di ciò rileviamo recentissime pronunce di merito che imputano la violazione
dell’articolo 544 ter c.p. e del’art 727 c.p. a ristoratori che detengono pesci e crostacei vivi sul ghiaccio
dunque oggetto, quanto gli altri animali, della normativa3.
Il testo, come dimostrato dalla giurisprudenza, considera gli animali in sé, come d’altronde faceva il
precedente art 727 c.p.; non vi sono differenze fra animali d’affezione, domestici o selvatici e così se
qualcuno uccide per divertimento anche solo una lumaca, compie un reato e può essere punito.
1 Cass. Pen. Sez. III, 21/12/2005 Sentenza n. 46784
2 Cass. Pen., Sez. III, 12.10.2006, n. 34095
3 Procura di Milano 06/11/06 decreto penale di condanna per maltrattamento di aragoste, Trib Pen Vicenza sent n
270/06)
4
Deve dunque concludersi per un’interpretazione in senso esteso del concetto di animali, suffragata,
come precedentemente esposto da recentissime pronunce di merito.
Ovviamente l’animale in questione deve essere vivo, trattandosi un implicito presupposto dell’azione o
del fatto la cui preesistenza è fondamentale perché assuma carattere criminoso la fattispecie.
3 . UCCISIONE DI ANIMALI 544 BIS
‘ANIMALICIDIO’
Il primo reato che apre il nuovo capo a tutela degli animali è l’art 544 bis c.p.4 sotto il nomen iuris
‘uccisione di animali ’ che punisce ‘chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un
animale’, e ricalca l’art 575 c.p. ‘omicidio’ che punisce chiunque cagiona la morte di un uomo ed è
infatti stata ribattezzato con un neologismo, animalicidio5 Rispetto alle precedenti normative dunque,
l’uccisione di animali è un autonoma ipotesi di reato mentre nella precedente formulazione si aveva
solo un aggravamento della pena.
Il reato di uccisione di animali è un reato a forma libera, incentrato sull’azione di cagionare, intesa
come qualunque azione causalmente collegata all’evento morte. Importante dunque l’ampia
prospettiva del verbo cagionare che porta alla penale rilevanza di molteplici azioni o omissioni
potendo tale condotta essere costituita sia da un'azione sia da un'omissione. Ininfluente, al fine della
rilevanza penale dell'atto, il mezzo impiegato per cagionare il decesso, che può essere fisico, diretto o
indiretto6.
Facile immaginare che comportamenti cruenti potranno essere azioni positive mentre quelli non
necessitati anche consistenti in un non facere come ad esempio lasciar morire d’inedia un animale, il
proprio animale.
Questa può considerarsi una scelta di tecnica di tutela intensa nonostante, in base ai requisiti di illiceità
speciale, non si punisce l’uccisione in se e per se, ma quella ingiustificata o crudele.
L’evento morte è il momento consumativo di tale delitto, è dunque configurabile il tentativo, sia nella
forma del tentativo compiuto che incompiuto, ovviamente sarà rilevante ai fini dell’idoneità dell’art 56
c.p. l’accertamento sull’idoneità dell’azione posta in essere dall’agente.
Non rientra nell'ipotesi di reato l'uccisione di un animale ad opera di un altro animale sfuggito al
custode, trattandosi di evento colposo, che può generare solo una forma di responsabilità civile (art.
4Art 544 bis c.p. ‘Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione
da tre mesi a diciotto mesi.’
5 Pistorelli Guida al Diritto 2004 n 33 p. 21
6 Aldo Natalini Diritto e Giustizia, estratto su legge 189 del 2004, Stop ai maltrattamenti di animale
5
2052 del Codice Civile), ma ciò non toglie che potrà accertarsi caso per caso se eventualmente
l’animale è stato utilizzato appositamente come arma contro l’altro animale, al fine di uccidere. Per
quanto riguarda l’elemento soggettivo si ha dolo generico consistente nella volontà d’uccidere, animus
necandi, non è necessaria la volontà di cagionare l’evento morte ma è sufficiente la previsione che
l’azione o omissione comporti la possibilità del ravvisarsi di tale evento in qualità di dolo seppure
anche solo eventuale (inteso quale mera accettazione del rischio di verificazione dell’evento). Esula
invece, dall’ambito di applicazione della norma, l’uccisione e/o il maltrattamento meramente colposo,
tuttavia, l’ammissibilità del dolo eventuale, assai vicino all’atto pratico alla “colpa cosciente”,
potrebbe consentire la punibilità anche di comportamenti limite, qualora di oggettiva gravità.
La reclusione prevista è dai 3 ai 18 mesi, per cui non sono ammesse misure di arresto o misure
cautelari, la competenza è del giudice monocratico su citazione diretta del P.m.
Un importante pronuncia a riguardo è quella del Tribunale penale dell’Aquila del 29 marzo 2007che
ha visto la Lav parte attiva in qualità di Ente denunciante e parte civile, che ha inflitto la condanna di
due mesi di reclusione ad un dirigente veterinario a.s.l, reo di aver ordinato la soppressione per futili
motivi di nove cuccioli di cane, e ad un suo funzionario, esecutore materiale della soppressione. Si
legge nelle motivazioni di questa importante pronuncia che ‘in base ad una lettura sistematica della
legge 189 del 2004, nel rapporto tra animali d’affezione ed i loro eventuali padroni, risulta oggi
evidente che non sussiste più un rapporto tra oggetto (l’animale) e titolare di un diritto di proprietà (il
padrone) sorgendo nuovi obblighi e fonti di responsabilità per i padroni’, in quanto, stando al
Tribunale dell’Aquila,‘con la nuova legge si prende atto della natura di esser vivente dell’animale in
grado di percepire sofferenze anche non solo di carattere fisico in senso stretto e per cui il
proprietario non ha più la totale disponibilità dell’animale, ne può infliggergli gratuite sofferenze ne
toglierli la vita senza valide giustificazioni’ passaggio chiave per rigettare la tesi difensiva
dell’imputato per cui il proprietario di un cane potrebbe, anche per futili motivi, chiedere al servizio
veterinario pubblico di sopprimere il proprio animale, in quanto di sua proprietà.
4. ILLICEITA’ SPECIALE , LA CRUDELTA’ E LA MANCANZA DI NECESSITA’
Per la sussistenza del reato di uccisione di animali sono necessari due requisiti di illiceità speciale, la
crudeltà e la mancanza di necessità. La loro sussistenza serve a rendere penalmente rilevante la
condotta di uccisione di animale non illecita in se e per se, ma solo in presenza, in via alternativa, di
tali requisiti, in quanto la crudeltà non abbisogna di mancanza di necessità, perché l’incrudelimento
presuppone di per se stesso l’assenza di qualsiasi giustificabile motivo da parte dell’agente. Tali
requisiti provengono dall’originario art 727 c.p.che puniva l’incrudelimento degli animali senza
6
necessità. Rispetto al passato tali requisiti sono previsti in via alternativa, dunque sarà punibile
l’abbattimento di animali non malati, cioè senza necessità, o l’abbattimento cruento di animali malati.
In particolare per quanto riguarda la crudeltà, si considera la giurisprudenza del vecchio 727 c.p.,
intendendo un’ uccisione con atti concreti di volontaria inflizione di sofferenze anche a causa di
insensibilità dell’autore del reato, non è dunque necessario il solo scopo della malvagità potendosi
avere crudeltà anche per mera insensibilità, non è così ritenuto necessario per la condotta un truce
compiacimento nell’infierire sull’animale, essendo bastevole l’indifferenza ad essi, nè sono necessari
per forza veri e propri atti di torture o barbarie. La circostanza aggravante dell’art 61 c.p. è compatibile
con il reato in questione in quanto nella fattispecie non rientra come elemento necessario la futilità che
indica la sproporzione tra l’azione compiuta e il motivo per cui si è agito.
Per quanto riguarda l’elemento di illiceità speciale ‘senza necessità’ ci si richiama alle interpretazione
fornite dalla giurisprudenza in materia. Secondo i giudici di legittimità, il concetto di necessità deve
intendersi in senso analogo rispetto a quello previsto dagli art 52 e 54 c.p., comprendendo ogni altra
situazione in cui l’uccisione non sia in altro modo evitabile perché dettato dall’esigenza di evitare un
pericolo imminente o impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona
e ai beni propri altrui7, e così solo se l’uccisione sia contenuta entro i limiti della causa giustificatrice
deve ritenersi che il 544 bis cod .pen. non trovi applicazione8. Ne deriva che occorre volta per volta
verificare che sia rinvenibile o meno un’effettiva e non superabile situazione di necessità della
condotta vessatoria che ha portato alla morte dell’animale, solo a tali condizioni la norma
incriminatrice deve ritenersi non trovi applicazioni e tale valutazione sarà affidata al prudente
apprezzamento dell’autorità giudicante.
5. ART 544 TER C.P. -MALTRATTAMENTO D’ANIMALI
L’articolo 544 ter c.p. punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, maltratta un animale, con
condotta attiva o omissiva9, è una norma penale mista, contenendo diverse previsioni, consistenti
alternativamente al primo comma nel cagionare una lesione ad un animale o nel sottoporlo a sevizie,
fatiche, o comportamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, mentre al secondo comma
7 Corte di Cassazione, sentenza 28 febbraio 1997, n. 1010.
7 per ravvisarsi maltrattamento non è necessaria l’azione materiale di cagionare lesione materiale ad un animale, ad
esempio percuotendolo o colpendolo, ma è sufficiente lasciarlo soffrire per inedia e mancanze di cure attraverso una
condotta omissiva consapevole delle poste.
8 (ex multis Cass Sez III 2110/02).
7
sono previste la condotta di somministrazione di stupefacenti, e la sottoposizione dell’animale a
trattamenti che creano un danno alla sua salute, reato di danno in cui va provato il verificarsi del danno
attraverso accertamenti tecnici scientifici, in questi ultimi casi di prescinde dai requisiti di illiceità
speciale, necessari invece per le prime due condotte.
Il maltrattamento di animali, da semplice contravvenzione assurge al rango di delitto con la previsione
della reclusione da tre mesi ad un anno o della multa da 3.000 a 15.000 euro. Per il perfezionarsi del
reato è sufficiente un’unica condotta, a differenza dei maltrattamenti in famiglia in cui sono richieste
più condotte reiterate10.
La prima fattispecie considerata consiste nel cagionare una lesione, sulla falsariga del reato di cui
all’art 582 c.p.‘lesione personale’, dunque è importante individuare la portata del termine lesione.
E’ormai consolidato che il concetto di lesione utilizzato dal legislatore possa essere individuato
attraverso gli stessi criteri che qualificano le lesione in altre disposizioni del codice penale, come ogni
apprezzabile diminuzione dell’integrità psicofisica dell’animale. Nella sentenza del Tribunale penale
di Torino in composizione collegiale del 25 ottobre 2006 i giudici confermano che le lesioni, di cui si
parla nell’articolo indicato, non sono necessariamente fisiche (comunque presenti negli animali
sequestrati e poi confiscati) bastando la mera sofferenza dell’animale in quanto la norma mira a
tutelare gli animali quali esseri viventi in grado di pecepire dolore11. A tale tesi accedeva anche la
giurisprudenza di legittimità più consolidata fin dal 1998, che riferendo in ordine al reato in esame,
rilevava che per la configurabilità dello stesso “non è necessaria la lesione fisica dell’animale essendo
sufficiente una sofferenza in quanto la norma mira a tutelare gli animali quali esseri viventi capaci di
percepire con dolore comportamenti non ispirati a simpatia, compassione ed umanità”12.La nuova
legislazione sul maltrattamento non prevede così la necessità di una lesione all’integrità fisica, essendo
sufficiente una lesione di tipo ambientale e comportamentale.
In merito alla condotta di sottoposizione a sevizie o a fatiche o a comportamenti insopportabili per le
caratteristiche etologiche rifluite dall’art 727 c.p., la sevizia si contraddistingue per la brutalità
dell’azione.
Il secondo comma dell’articolo in esame prevede poi per la prima volta il reato di ‘doping’ a danno di
animali, reato di pericolo essendo ritenuta la condotta pericolosa di per sé, e per cui si prescinde dal
10 Aldo Natalini Diritto e Giustizia, estratto su legge 189 del 2004, Stop ai maltrattamenti di animale
11 Cass Pen 3/12/2003 n 46291
12 (cfr. ex multis, Cass. pen. 3 dicembre 2003 n.46291)
8
concetto di necessità o di crudeltà, orientato a reprimere le competizioni con animali legati alla
zoomafia ed alle scommesse clandestine, i primi effetti di queste disposizioni si sono avuti in casi di
detenzione illecita di uccelli dopati per esaltarne le doti canore.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo dell’art 544 ter nelle sue varie disposizioni, sono escluse le
forme colpose di negligenza, imprudenza e imperizia, ma è ammesso il dolo generico. Al di là della
crudeltà13(dolo specifico), analogamente al reato di uccisione di animali, il secondo requisito
soggettivo è alternativo, ovvero la mancanza di necessità, che non è ad esso assimilabile, in quanto il
suo dato normativo è la coscienza e volontà delle azioni (dolo generico) in assenza di giustificati
motivi, e perciò nelle condotte omissive è sufficiente la coscienza che le omissioni causano gravi
sofferenze agli animali, e l’ accettazione di esse14.
Il terzo comma dell'art. 544-ter prevede una circostanza aggravante a effetto speciale, che porta ad un
aumento fisso della metà della pena, che si concreta nell'ipotesi in cui dalle condotte
‘incomprensibilmente’ limitate al 1° comma derivi la morte dell'animale. Tale aggravante sussiste solo
se la morte dell'animale è conseguenza non voluta del maltrattamento, e della quale l'agente neppure
ha accettato il rischio, in caso contrario, evidentemente, si configurerebbe il reato più grave di
uccisione di animali ex art 544 bis.
In tema di maltrattamento di animali vale la pena segnalare una rilevante pronuncia della Cassazione
Penale15 in materia di utilizzo di collari antiabbaio elettrici, terreno assai controverso, statuendo un
chiaro e significativo principio in materia di tutela di animali, ovvero che ‘il collare antiabbaio
elettrico provoca inutili sofferenze ai cani, e dunque costituisce reato ed a tal fine è legittimo il
sequestro in via preventiva di tali strumenti per evitare il protrarsi di tale inutile e dunque illegittima
sofferenza’ ed ancora, non è scriminabile la sofferenza dell’animale ‘quando si tratti soltanto della
convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell’animale che
possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi
di ogni forma di violenza o accanimento16. ‘L’uso del collare antiabbaio, a prescindere dalla specifica
ordinanza mínisteriale e dalla sua efficacia, rientra nella previsione del codice penale che vieta il
maltrattamento degli animali, e nel caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella
richiesta di sequestro preventivo, attestava lo stato di sofferenza dell’animale.’
13 Trib. Pen Torino 25.10/06 Palermo
14 Trib. Pen Torino cit.
15 Cassazione Penale sez III 13 aprile 2007, n. 15061
16 (v. per tutte Cassazione, Sezione terza, sentenza 43230/02).
9
Il Tribunale penale di Bologna, a conferma di quanto esposto fin’ora, l’08 ottobre 2007 ha condannato
su denuncia Lav poi costituitasi parte civile, un addestratore di cani a 4000 euro di multa, per
maltrattamento di animali a causa dell’utilizzo dei collari elettrici.
6. ART 544 QUATER C.P., SPETTACOLI E MANIFESTAZIONI VIETATI
L’art. 544-quater17c.p., poi, sanziona la promozione e l’organizzazione di spettacoli e manifestazioni
aventi ad oggetto gli animali, e che ad essi comportino “sevizie o strazio”18. In particolare, il
Legislatore ha voluto sanzionare due tipologie di condotta, quella di chi organizza lo spettacolo o la
manifestazione, così dando al termine il significato più ampio e quella di chi se ne fa promotore,
mentre non è punita la condotta di chi assiste. Tali eventi possono consistere in ogni forma di
manifestazione, spettacolo, dimostrazione posta in essere in presenza di un pubblico (a titolo
esemplificativo, si considerino le ipotesi di corse di cavalli e lotte tra cani clandestine, frequentemente
organizzate nel Meridione).
Il legislatore ha così inteso punire la forma di partecipazione per così dire qualificata, intendendo ogni
forma di partecipazione attiva alle manifestazioni in oggetto, che hanno dato in qualche modo un
contributo attivo alla realizzazione degli spettacoli19.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo anche in questa ipotesi è necessario il dolo generico.
La disposizione è derogata nelle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione,
vedremo in seguito con quali ripercussioni
Per espressa previsione di sussidiarietà l’art 544 quater si applica solo se lo stesso fatto non costituisca
più grave reato per regolare un eventuale concorso apparente di norme che puniscono le scommesse
clandestine20.
17 In base all’art. 544-quater c.p. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o
manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la
multa da 3.000 a 15.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in
relazione all’esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell’animale”.
18 La norma fa espressamente salva la circostanza che il fatto costituisce reato più grave, facendo
evidentemente riferimento, tra gli altri, ai delitti di associazione per delinquere, di tipo mafioso e non, ex artt.
416 e 416-bis c.p., nel cui ambito assai spesso si consumano i fatti di cui all’art. 544-quater c.p. (c.d.
“zoomafia”).
19 Aldo Natalini Diritto e Giustizia, estratto su legge 189 del 2004, Stop ai maltrattamenti di animale
20 Art 4 l 401/89
10
7. ART 544 QUINQUIES C.P., ‘COMBATTIMENTI TRA ANIMALI ’
Nel contesto dell’art. 1 della Legge 189/2004 è inserito l’attuale art. 544-quinquies21c.p., norma che
introduce, finalmente22, lo specifico divieto di “organizzazione” (tale termine va inteso nella sua
accezione più lata) di combattimenti tra gli animali, introducendo ben tre diverse fattispecie delittuose,
ovvero il reato di promozione, organizzazione e direzione di combattimenti tra animali, il reato di
destinazione di animali a combattimenti clandestini ed il reato di organizzazione di scommesse sui
combattimenti di animali. Il Legislatore ha stabilito la pena detentiva della “reclusione da uno a tre
anni” congiuntamente alla pena pecuniaria della “multa da 50.00 a 160.000 euro, colmando un altro
precedente vuoto legislativo su un fenomeno assai diffuso come quello delle scommesse su animali, a
stretto contatto con la criminalità organizzata. La LAV ha calcolato che ogni singola scommessa può
partire da un minimo di 250 euro fino ad arrivare a decine di migliaia nei combattimenti tra i
campioni, denunciando che i combattimenti tra cani sono in mano alla criminalità organizzata e che
bande di criminali internazionali controllano il traffico dei cani dall’estero, in un giro che coinvolge
migliaia di persone, spesso minorenni23 .
Le attività ora descritte comportano un aumento di pena “da un terzo alla metà”, in base a tre
circostanza aggravanti ad effetto speciale, ovvero se “sono compiute in concorso con minorenni24 o da
persone armate25”, se “sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo
contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni”, se “il colpevole cura la ripresa
o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni”.
21 In base all’art. 544-quinquies c.p. “Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate
tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000
a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà: 1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o
da persone armate; 2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente
scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni; 3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei
combattimenti o delle competizioni. Chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto
qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la
reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai
detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti. Chiunque, anche
se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle
competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro”.
22 Prima della legge 189 del 2004 tali condotte erano punite con l’art 727 c.p. assolutamente inadeguato al caso di
specie
23 Fonte Rapporto Zoomafia Lav 2004 a cura di Ciro Troiano
23 Gli organizzatori si affidano spesso ai minori perché non perseguibili penalmente
24 Per evidenti ragioni di ordine pubblico
11
Per tutte queste tre circostanze aggravanti la cornice edittale è aumentata al massimo a 4 anni con la
conseguenza di rendere possibile l’arresto facoltativo in flagranza ex art 381 c.p.p. e le misure
cautelari reali, novità davvero rilevante della nuova normativa.
Per quanto attiene le attività vietate, l’art. 544-quinquies fa riferimento ai combattimenti e alle
competizioni non autorizzate. Si ritiene che per combattimenti devono intendersi tutte quelle forme di
“scontro cruento tra opposti animali, destinato a produrre un vincitore ed un perdente: quest’ultimo
generalmente muore o riporta gravi ferite26”. Con riferimento invece, alle competizioni non
autorizzate, esse vanno intese come “gara o incontro ove prevale l’aspetto agonistico27”.
La prima ipotesi criminosa punisce in via alternativa chiunque ‘promuove dirige organizza
combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità
fisica. E’ questo evidentemente un reato di pericolo concreto in quanto il rischio dell’incolumità del
cane è un requisito tipizzato che spetterà al giudice rilevare nel caso concreto, ma essendo
l’organizzazione di combattimenti tra animali un fatto intrinsecamente pericolosa, appare evidente la
facilità dell’individuazione di tale requisito, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, anche in
questa fattispecie è necessario il dolo generico, dunque anche eventuale. Con autonoma previsione
incriminatrice la norma sanziona al comma terzo ulteriori comportamenti che possono essere
inquadrati nella fattispecie presa in considerazione, in particolare ‘coloro che, fuori dai casi di
concorso nel reato, allevano o addestrano animali così da destinarli ai combattimenti’; ‘coloro che
rivestono la qualifica di proprietari o detentori degli animali impiegati nei combattimenti, ma solo
nell’ipotesi in cui essi siano consenzienti’; ‘coloro che, fuori dai casi di concorso nel reato, pongono in
essere attività volte alla organizzazione, nel senso più ampio del termine, o alla effettuazione di
scommesse inerenti i combattimenti e/o le competizioni aventi ad oggetto gli animali, anche
nell’ipotesi in cui gli stessi non siano presenti sul luogo del reato comminando la sanzione da 5.000 a
30.000 euro’. In merito alla prima ipotesi, vediamo come non si tratti di reato ad evento naturalistico
in quanto ciò che rileva in merito alle due condotte di allevamento ed addestramento è la destinazione
degli animali ai combattimenti, dato rilevabile solo nei casi concreti, mentre per quanto riguarda la
seconda ipotesi, ovvero inerente i proprietari (reato proprio) di animali impiegati nei combattimenti, è
invece necessario l’effettivo utilizzo degli animali nei combattimenti per individuarne i responsabili,
mentre la consapevolezza e la conseguente approvazione dell’utilizzo dei propri animali nei
combattimenti renderà la fattispecie penalmente rilevante.
8. ART 727 C.P. , ‘ABBANDONO DI ANIMALI’
26 Cfr. Strippoli, Tutela degli animali e tutela dagli animali, cit., 13.
27 Cfr. Strippoli, Tutela degli animali e tutela dagli animali, cit., 13.
12
L’art 727 c.p. era, ed è a tutt’oggi, inserito nel terzo libro del codice penale nel capo II, sezione I,
dedicate alle “contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi” ma nonostante ciò può essere estesa
(soprattutto alla luce del mutato contesto “sociale”) sino a tutelare il sentimento di comune pietà verso
gli animali in linea con le pronunce della Cassazione28 . Tale previsione punisce con la pena detentiva
dell’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 Euro “chiunque abbandona animali
domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività”. Prosegue la norma affermando “Alla
stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e
produttive di gravi sofferenze”. La prima condotta tipica consta nell’abbandono di animali domestici o
che abbiano acquisito l’abitudine alla cattività, con questa precisazione vediamo come la norma può
ritagliarsi sia su animali propriamente detti d’affezione sia su animali che, sebbene selvatici o esotici,
abbiano perso l’attitudine alla sopravvivenza propria degli animali liberi. Per quanto riguarda il
rapporto tra l’art 727 c.p. e l’art 5 legge 281 del 91 che sanziona in via amministrativa l’abbandono,
attraverso la parziale abrograzione per incompatibilità dell’illecito aministrativo, prevale così la
norma penale. La Cassazione29 in una recente pronuncia ha condannato per abbandono un uomo che
ha lasciato all’interno di un canile la propria cagnetta ferita, che non voleva più curare. Nonostante la
difesa sosteneva non poteva trattarsi di abbandono ma piuttosto di un deposito al canile pubblico, e che
il giudice di merito erroneamente aveva ravvisato l’illecito penale in considerazione della sofferenza
inferta all’animale per essere stato allontanato dai padroni, in assenza di pericolo per l’incolumità del
cane abbandonato, i giudici di legittimità hanno stabilito che, essendo stato accertato che il cane era
stato abbandonato di nascosto nel recinto in cui erano custoditi altri cani randagi, non poteva trattarsi
di consegna al canile pubblica, e tale gesto comportava un indubbio pericolo per il cane ferito, che
subito veniva attaccato dagli altri randagi,oltre alla sofferenza dovuta al distacco dall’ambiente
affettivo cui era abituato.
La seconda condotta alternativa alla prima ma punibile con la stessa pena, prevede oltre che la
detenzione in condizioni incompatibili, intendendo il trattamento riservato dall’uomo all’animale, il
requisito della grave sofferenza, come evento di danno da valutarsi in sede processuale. Tale requisito
comporta non pochi problemi di valutazione in quanto, se esistono metodologie anche nel campo della
sofferenza psichica come lo stress per stabilire lo stato di sofferenza di un animale, arduo appare
quando, clinicamente tale sofferenza diventi grave, e tale dunque da far scattare l’illecito penale. Sarà
dunque necessario che la p.g. e gli avvocati di parte civile nel corso delle investigazioni difensive si
supportino di relazioni medico veterinarie e di esperti che la polizia giudiziaria potrà nominare durante
28 Si veda Cass sezione III penale, sentenza del 14 marzo 1990 per cui l’art. 727 c.p. è norma diretta alla tutela
dell’animale in quanto tale e cioè come essere vivente28”.
29 Cassazione Penale Sez. III Sent. n 3969/06
13
l’attività d’indagine, nonchè di periti nominati dal p.m. Tuttavia la Cassazione30 intervenuta sul punto
ha statuito che, confermando l’orientamento precedente, per accertare l’esistenza di gravi sofferenze
‘non è necessario siano ravvisabili lesioni fisiche, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti’
quindi per ravvisare reato di cui all’art 727 in relazione alla natura dell’animale possono considerarsi
penalmente rilevanti le condotte che ‘seppure non accompagnate dalla volontà d’infierire, incidono
senza giustificazione sulla sensibilità dell’animale producendo dolore’31 . Sempre secondo la Suprema
Corte32‘non possono esservi dubbi sulla rilevanza, ai fini della disposizione in esame, non solo delle
alterazioni del fisico, ma anche di quelle che incidono sulla psiche dell’animale, risultando ormai
pacificamente riconosciuto che anche gli animali, quali esseri senzienti, sono suscettibili di simili
menomazioni’. Si positivizza dunque il concetto per cui la detenzione in condizioni incompatibili non
può prescindere dalla produzione di sofferenza, intesa come lesione dell’integrità sia fisica che
psicofisica della sensibilità dell’animale. A tal fine si segnala una rilevante pronuncia di legittimità
della Sezione Penale della Corte di Cassazione33, che ha confermato la condanna al pagamento di
1.500 euro a titolo di ammenda per il reato di maltrattamento di animali inflitta dal Tribunale di
Trapani ad un uomo colpevole proprio di avere lasciato il proprio cane, un pastore tedesco, nel
cantiere di sua proprietà, legato ad una catena di appena due metri sotto il sole cocente dell’estate e
con vicino una cuccia arroventata, nonostante il proprietario dell’animale avesse dichiarato che tutti i
giorni dava da mangiare al cane, gli dava l’antiparassitario e non gli faceva mancare nulla, mettendogli
oltretutto a disposizione una cuccia. La Suprema Corte ha rigettato la tesi difensiva del ricorrente
confermando la sanzione del Tribunale e sottolineando che il reato di maltrattamenti era perfettamente
provato in quanto “il pastore tedesco versava in una situazione di grave incuria era legato ad una
catena lunga appena due metri, e quindi esigua rispetto alle sue dimensioni e che non gli permetteva i
movimenti naturali per lungo lasso di tempo, e soprattutto “era lasciato per tutto il giorno d'estate in
una zona del cantiere priva di ombra e di alcun riparo gli permettesse di ripararsi dalla elevata
temperatura del sole di agosto, temperatura ugualmente se non ancor più elevata all'interno della
cuccia anch'essa esposta al sole”; ciò era comunque produttivo di gravi sofferenze per l'animale,
determinate non solo dalla sporcizia del luogo e dall'incuria, ma “soprattutto dall'essere praticamente
privato della possibilità di movimento e dall'essere costretto a stare durante le ore più calde delle
giornate di agosto in un cantiere assolato o in una cuccia soffocante, priva a sua volta di una idonea
tettoia”. Ancora un’importante pronuncia della Cassazione cristallizza un fondamentale e significativo
principio, oggi rafforzato dall’introduzione della nuova normativa a tutela degli animali, la legge 189
30 Cass Pen Sez III 24/01/2006 n 2774
31 Cass Pen Sez III 14/03/1990
32 Cass.Pen.Sez III, 24/01/06 n 2774
33 Cass.Pen. Sez III sent. n. 20468/2007
14
del 2004, per cui può pacificamente definirsi cambiato e innovato totalmente il rapporto tra
proprietario e cane, o meglio animale d’affezione, non più riconducibile alla semplice proprietà di una
cosa di cui il padrone avrebbe la completa disponibilità, sorgendo invece nuovi obblighi e
responsabilità, in quanto stando alle parole della Suprema Corte, deve essere utilizzata, in tali ipotesi,
la diligenza che si usa normalmente nei confronti di un minore. Un principio già confermato da
un'altra sentenza del Tribunale penale dell’Aquila del 29 marzo 2007 che ha condannato per uccisione
di animali un veterinario reo di aver soppresso 9 cuccioli di cane.
Il reato di abbandono, in quanto contravvenzione è punita sia a titolo di dolo che di colpa34, lasciando
punibili tutti quegli atti colposi d’incuria che danneggiano l’animale. Le sanzioni sono sensibilmente
elevate rispetto alla previsione precedente, comprendendo la pena pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro
alternativa alla pena dell’arresto fino ad un anno.
Un aspetto rilevante dell’art 727 c.p. è che, secondo l’art 3 legge 189 del 2004 che introduce l’art 19
ter disp coord c.p. che individua il rapporto di specialità tra reati di cui al titolo IX bis del c.p. e
normativa speciale, la sussistenza di una disciplina speciale di settore esclude unicamente le norme
contenute nel titolo IX-bis c.p. lasciando in vigore così l’art. 727 nella sua nuova formulazione, che è
dunque sempre applicabile.
8. ART 638 ‘UCCISIONE DI ANIMALE ALTRUI ’
La legge 189 del 2004 ha modificato l’art 638 c.p. uccisione di animali altrui, infatti ora chiunque
uccide o danneggia un animale altrui è punibile salvo che il fatto non costituisca più grave reato, tale
articolo non trova applicazione nelle fattispecie previste dai 544 e ss e su animali di proprietà, è
l’unica previsione criminosa a danno di animali punibile a querela di parte e di competenza del giudice
di pace e non è derogabile ai sensi dell’art 19 ter, dunque conserva le sua portate applicative. L’art 638
c.p. tutela il bene economico animale in virtù di una ormai anacronistica visione patrimoniale
dell’animale, che è reso inservibile dalla condotta dell’agente e l’inserimento di tale clausola di
sussidiarietà serve a regolare i rapporti tra tale reato sussidiario ed i più gravi reati di uccisione ex art
544 bis e ss, stabilendo il rapporto di specialità tra norme atto ad evitare il concorso apparente.
9. DIVIETO DI PELLICCE DI CANI E GATTI
34 Un importante sentenza della Cassazione (Cass Pen Sez III n 21744 /05) stabilisce che ‘la detenzione di animali in
condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenza può sicuramente essere ascritta anche a
condotte colpose dell’agente in una delle connotazioni dell’art 43 c.p.’ cassando così una pronuncia di merito che
aveva ritenuto che non integrasse reato de quo il trasporto di cani in condizioni incompatibili, mancando il requisito
del dolo
15
La Legge 189/2004 ha introdotto all’art. 235 il divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce
di cani e gatti, individuati attraverso i rispettivi nomi scientifici, canis familiaris e felis catus, nonché il
divieto d’introdurre e commercializzare le stesse nel territorio nazionale, punendolo con l’arresto da
tre mesi ad un anno e con la sanzione fino a 100.000 euro, essendo una fattispecie contravvenzionale è
punibile sia a titolo di dolo che di colpa, mentre al costo di 50.000 euro è possibile l’oblazione ex art
162 bis c.p. consentendo l’estinzione del reato. Non è invece sanzionata la semplice detenzione di tali
capi
Alla condanna consegue la confisca e la successiva distruzione del materiale
10 .ART 544 SEXIES CP, ‘MISURE DI SICUREZZA E PENE ACCESSORIE ’.
L’art 544 sexies c.p. prevede che, tanto nel caso di condanna quanto nel caso di applicazione della
pena ex art 444 c.p.p. per i reati di cui agli articoli 544 ter e ss36, è prevista la confisca obbligatoria
degli animali, salvo che l’animale appartenga a terzo estraneo al reato, rendendo possibile anche il
sequestro preventivo dell’animale ai sensi del 321 c.p.p., ed il sequestro preventivo in via d’urgenza da
parte della polizia giudiziaria ex art 321 co 3 bis c.p.p..
Quest’aspetto è di assoluta importanza, occorre rilevare infatti come precedenti pronunce
giurisprudenziali avevano escluso l’ipotesi di sequestro preventivo dell’animale in quanto non potesse
considerarsi cosa pertinente al reato, locuzione riferibile solo ai beni esterni allo stesso e non
all’oggetto materiale del reato37, mentre in seguito, grazie ad un importantissima sentenza del
Tribunale di Terni38 veniva chiarita la necessità della confisca dell’animale ‘attraverso una procedura
che lo salvaguardi come essere vivente’ con il conseguente ‘affido ad un privato o ad un ente in grado
di offrirgli il trattamento che più si confa alle sue caratteristiche etologiche’. Oggi con l’introduzione
dell’art 544 sexies c.p. si chiarisce definitivamente una volta per tutte la destinazione degli animali
oggetto di reati di maltrattamento ed il possibile/dovuto sequestro preventivo in ordine all’art 321
comma 3 c.p.p., che prevede il sequestro preventivo per i beni di cui è disposta la confisca.
35 In base all’art. 2 della L. 189/2004 “1) E’ vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus) per la produzione
o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle
pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale. 2) La violazione delle
disposizioni di cui al comma 1 è punita con l’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da 5.000 a 100.000 euro. Alla
condanna consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui al comma 1”.
36 Con ovvia esclusione dell’art 544 bis c.p. in cui l’apprensione dell’animale vivo non è più possibile
37 Trib. Genova 2/01/1995 Dearca
3829 giugno 2002 Riv Pen 2002
16
Inoltre, sempre secondo l’art 544 sexies c.p. è altresì disposta la pena accessoria della sospensione da
tre mesi a tre anni dell’attività39 di trasporto, di commercio o di allevamento di animali se la sentenza
di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è pronunciata nei confronti di chi
svolge le predette attività, in caso di recidiva40 è disposta l’interdizione dall’esercizio delle attività
medesime. Per quanto riguarda l’attività di macellazione o di spettacolo con animali, sebbene non
espressamente previste dalla norma de quo, le stesse possono facilmente intendersi individuate
nell’ambito del concetto di attività di commercio. Tali previsioni sono un’ulteriore conferma che,
sebbene l’art 19 ter disp coord (come vedremo in seguito) ribadisce il principio di specialità tra norme
per cui la disciplina generale sui maltrattamenti d’animale non si applica alle leggi speciali di settore,
quali macellazione trasporti, caccia etc.., ciò non significa che tali discipline siano del tutto escluse
dalla legge 189 del 2004, che torna ad essere applicata laddove si esuli dai contesti della disciplina
speciale con conseguente previsione di tali pene accessorie.
In merito a tali pene ulteriori, la disposizione di cui all’art 544 sexies II co c.p. ‘è altresì disposta la
sospensione etc.’ non chiarisce letteralmente se tali strumenti si applichino anche all’art 544 bis c.p. ,
che è escluso invece dalle previsioni del primo comma dell’art 544 sexies c.p.. Il fatto che tale
fattispecie penale assai più grave del maltrattamento d’animali, sia esclusa dalle previsioni di
sequestro del primo comma per ragioni eminentemente logiche, non essendo più possibile tutelare
l’animale vivo mediante il sequestro, permette in virtù di una interpretazione extrapenale della norma
volta alla tutela dell’animale quale essere senziente, di estendere gli strumenti di pena accessoria
previsti dal secondo comma 544 sexies anche al 544 bis c.p.
L’art 727 c.p. non prevede esplicitamente la confisca per tale reato, tuttavia la giurisprudenza, con
un’innovativa pronuncia al riguardo41 ha statuito che sebbene l’art 727 non contenga un’espressa
ipotesi di confisca il cane in sequestro va confiscato ai sensi dell’art 240 co 2 n 2 c.p. in relazione al
divieto di detenzione dell’animale in condizioni incompatibili con la sua natura.
Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro nel corso delle indagini preliminari e di confisca
secondo l’art 19 quater disp coord c.p. introdotto dalla 189 del 2004 sono affidati ad enti animalisti che
ne facciano richiesta e così un bene ‘sui generis ’ quale è l’animale, in virtù della sua caretteristica di
essere senziente è tutelato mediante l’affido a detti enti.
11 RAPPORTO DI SPECIALITA’ IN MATERIA DI TUTELA ANIMALI
39 Cioè della licenza al trasporto
40 Da intendersi come recidiva specifica
41 Tribunale Bassano del Grappa 147/06 dell’08/05/06
17
E’ indiscusso che la caccia legale, la vivisezione, la macellazione ed i trasporti non sono stati aboliti
dalla nuova disciplina generale a tutela degli animali, e che dunque tale nuova formulazione fa salve le
leggi speciali in materia di animali e le pratiche che esse consentono. Ma se entro tali contesti, ed in
particolare per la nostra trattazione nell’ambito del trasporto di animali, un soggetto maltrattata o
incrudelisce, per crudeltà o senza necessità, sugli animali, trasportando animali inidonei ai sensi del
Regolamento Ce n1/2005, esulando dunque dal contesto e da ciò che è consentito esplicitamente dalla
disciplina dei trasporti in quanto legge speciale, torna ad applicarsi e riespandersi la disciplina generale
del codice penale.
Il nuovo testo di legge parte infatti da un assunto ideologico incontrovertibile, e cioè che l’animale è
un essere vivente capace di soffrire e la normativa penale è diretta verso la sua tutela specifica.
Secondo la disciplina dell’art 51 c.p.42 e secondo l’interpretazione suffragata dalla più recente
giurisprudenza43 in materia di applicazione della 189 del 2004 in rapporto alle leggi speciali, non può
dunque ritenersi che tali fattispecie penalmente rilevanti siano automaticamente escluse, per il solo
fatto di trovarsi in determinati settori disciplinati dalla legge speciale.
12 UNA SIGNIFICATIVA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE A RIGUARDO
Tali concetti sono ben delineati da una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III,
21/12/2005, n. 46784, davvero esaustiva per la nostra trattazione, in merito al rapporto tra i delitti
contro il sentimento per gli animali44 con l’esimente dell’esercizio di un diritto ex art 51 c.p.
La Cassazione nel caso in oggetto, ovvero analizzando la condotta di imbracamento di un volatile,
legandolo da una fune, strattonandolo ed inducendolo a levarsi in volo, per poi farlo ricadere
pesantemente a terra o su un albero, interpreta tali gesti come sottoposizione dell’animale, senza
necessità, a sofferenze inutili, non compatibili con la natura etologica di esso, per cui non può essere
applicata l’esimente dell’esercizio di un diritto a favore di un cacciatore che utilizzi richiami vivi
violando le prescrizioni dettate dal nuovo art. 544 ter c. p., in quanto l’uso di richiami vivi è vietato
non solo nelle ipotesi previste dall’art. 21 della legge 11/2/1992 n. 157, ma anche quando viene attuato
42 L’art 51 ‘Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere’ c.p. così dispone. — L’esercizio di un diritto o
l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude
la punibilità [55] Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’Autorità, del reato risponde sempre il
pubblico ufficiale [357] che ha dato l’ordine.Risponde del reato altresì chi ha eseguito l’ordine, salvo che, per errore
di fatto [47], abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo.Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando
la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine (2).
43Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
44 Legge189 del 2004
18
con modalità incompatibili con la natura dell’animale, come nel caso di specie dove l’animale era
imbragato nel corpo, in modo da consentirgli di spiccare il volo, costringendolo subito dopo a ricadere
al suolo.
La Corte ha osservato che, pur prescrivendo l’art. 19 ter disp. coord. cod. pen. che le disposizioni di
cui al titolo IX bis del libro II cod. pen. non si applicano ai casi previsti dalla legge speciale, tale
norma non impedisce l’applicazione delle disposizioni dell’art. 544 ter c. p. quando la condotta, pur
non essendo vietata esplicitamente dalla legge speciale, non rientra neppure tra quelle consentite45.
Ed ancora, la legge sulla caccia, legge speciale, consente l’uccisione a scopo venatorio degli animali
indicati e consente l’uso di richiami vivi, ma vieta in linea generale che ad esseri viventi dotati di
sensibilità psico-fisica, quali sono gli uccelli (seppur cacciabili) , siano arrecate ingiustificate
sofferenze, con offesa al comune sentimento di pietà verso gli animali e, a tal fine, elenca, con
carattere meramente esemplificativo, dei comportamenti da considerarsi vietati, ma non legittima l'uso
di richiami vivi con modalità parimenti offensive.
Pertanto la legge speciale non esaurisce la tutela completa della fauna, in quanto limiti alle pratiche
venatorie sono posti anche dall'attuale art. 544 ter c.p., che ha ampliato la sfera della menzionata tutela
attraverso il divieto di condotte atte a procurare agli animali strazio, sevizie o, comunque, detenzione
attraverso modalità incompatibili con la loro natura.
Risulta pacifico dunque, ragiona la Cassazione, che la legittimità delle pratiche venatorie consentite
sulla base della Legge 157/'92 deve essere verificata anche alla luce delle norme del codice penale sù
richiamate 46 Infine, per l'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. non è sufficiente che
l'ordinamento attribuisca all’agente un diritto, ma è necessario che ne consenta l'esercizio proprio con
l'attività e le modalità che, per altri, costituirebbero reato, sicché essa non ricorre nel caso in cui la
pratica venatoria, pur essendo consentita, sottopone l'animale -per le concrete modalità della sua
attuazione- a sofferenze non giustificate dall'esigenza della caccia47
45 Caccia - Tutela della fauna - - Limiti - Modalità incompatibili con la natura dell'animale - Sofferenze non
giustificate dall'esigenza della caccia - Disciplina applicabile. L'uso di richiami vivi deve ritenersi vietato non solo
nelle ipotesi previste espressamente dall'art. 21 co. 1 lett. r) L. 157/'92, ma anche quando viene attuato con modalità
incompatibili con la natura dell'animale.
46 v. conf Cass. sez. III pen, 25/VI/'99, n. 8890 ; 191V/'98, n. 5868 e 201V/'97, n. 4703).
(Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III,
21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
47 (v. conti Cass. sez. III pen., 95/203300 e sez. V pen., 90/183403). (Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi).
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
19
A tal fine è possibile menzionare un ulteriore significativo passo di una recentissima sentenza,
Tribunale Penale di Torino in composizione collegiale, Sez V Penale, 25/10/2006, imp. Palermo,
questa volta sul rapporto tra animali destinati al macello ed altri animali, per chiarire ancora una volta
che il rapporto tra legge speciale (sulla macellazione) e generale (sui maltrattamenti) non permette che
ogni sorta di crudeltà sia permessa solo perché ci si trova in un contesto di specialità, infatti anche se
ci si trova nel’ambito di allevamenti e macelli, è necessario evitare sofferenze inutili agli animali.
Si legge così nella sentenza in esame come sia stata accertata ‘un’insolita crudezza e la circostanza
che tutti gli animali, anche non destinati al macello, versavano in insopportabili condizioni, ma
quest’ultimo rilievo non deve dire che ogni crudeltà e permessa per gli animali da macello ma serve
per rispondere ad un ‘osservazione della difesa che sosteneva che gli animali da macello sono tenuti
tutti a stessa maniera’ .
13 TUTELA DEI DIRITTI DEGLI ANIMALI, PERCHE’ LAV?
Il riconoscimento dei diritti degli animali è continuamente ostacolato, oltre che da una concezione
antropocentrica dell’ordinamento giuridico, da tutte quelle categorie di persone che ne vedrebbero
derivare un danno significativo ai loro interessi.
Gli animali non essendo dotati di parola non sono capaci di rivendicare i propri diritti, né ne sono
realmente consapevoli, ma ciò non può automaticamente legittimare una loro sopraffazione, dal
momento che tale situazione è comune anche ad altri esseri umani, come gli incapaci, cui
l’ordinamento riconosce ugualmente i diritti.
Gli enti animalisti maggiormente rappresentativi come la LAV, portatori di un interesse diffuso della
collettività al riconoscimento ed alla tutela degli interessi degli animali, si fanno così promotori
d’istanze in loro favore, in quanto titolari di un ruolo fondamentale per la loro tutela, sempre più
riconosciuto dalle Istituzioni, in cui spicca accanto alla funzione di controllo e di denuncia di ogni
abuso e violazione delle leggi correnti a loro tutela, un forte ruolo propositivo di stimolo ai pubblici
poteri con proposte di legge, nonché di intervento giudiziario, assicurando così una funzione di
supplenza rispetto alle croniche carenze strutturali dei pubblici poteri in materia di tutela degli
animali48.
La LAV opera da trent’anni per i diritti degli animali su molteplici fronti, è Ente Morale riconosciuto
dal Ministero dell’Interno con Decreto del 19.05.1998, Onlus, Associazione di Protezione Ambientale,
membro della Commissione Nazionale del Ministero della Salute sulla protezione degli animali negli
allevamenti e macelli ex legge 623/1985, membro della Commissione Randagismo e Benessere
48 Si pensi alla prossima battaglia della Lav per l’abolizione dell’art 842 c.c. che permette la caccia nei fondi privati,
o la recentissima vittoria del divieto di ingozzamento di oche e di allevamenti di visoni per pellicce con l’articolo 8
della Legge 26 febbraio 2007 n 17 di Conversione del cosiddetto ‘Decreto Milleproroghe’
20
Animale del Ministero della Salute DM 20 gennaio 2004 collabora con il Ministero della Pubblica
Istruzione con un Protocollo d’Intesa dal 1999 e conta 85 sedi locali su tutto il territorio nazionale e
più di 40.000 tra iscritti e volontari, ed i suoi scopi sociali sono rivolti, alla tutela ed alla protezione
degli animali per cui all’art. 2 dello Statuto è previsto che “La LAV ha per fine (…) la protezione degli
animali, l’affermazione dei loro diritti, si batte contro ogni forma di sfruttamento e violenza sugli
animali umani e non umani, sull'ambiente per il rispetto del diritto alla vita di ogni essere vivente... La
LAV ha inoltre lo scopo della salvaguardia della salute dell'uomo, anche attraverso la diffusione della
cultura tecnico / scientifica indicando con tutti i mezzi a disposizione come convivere con gli animali
in modo corretto e non conflittuale, portando l'uomo da una visione antropocentrica ad una visione
biocentrica”e per il conseguimento dei propri fini statutari la LAV adisce altresì le eventuali
opportune azioni di disobbedienza civile nonviolenta e/o giudiziarie, e con la costituzione di parte
civile49.”(, l’associazione è costantemente impegnata in una pressante attività di contrasto dei
fenomeni di maltrattamento degli animali, attraverso centinaia di volontari, guardie zoofile, e
professionisti di vari settori, organizzando pubbliche iniziative di sensibilizzazione e di denuncia,
mantenendo sedi locali su tutto il territorio nazionale, seguite da coordinatori regionali istituiti ad hoc;
Per tutti questi motivi, per l’impegno concreto e la professionalità che quotidianamente l’associazione
dedica alla tutela dei diritti degli animali, l’attuale legislatore e l’autorità giudiziaria riconoscono nella
LAV un competente interlocutore con cui affrontare tematiche inerenti il riconoscimento dei diritti
degli animali.
49 cfr. art. 2 dello Statuto LAV
21
APPENDICE NORMATIVA E GIURISPRUDENZIALE
Legge 20 luglio 2004, n.189
"Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli
stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 luglio 2004
Art. 1.
(Modifiche al codice penale)
1. Dopo il titolo IX del libro II del codice penale è inserito il seguente:
"TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI
Art. 544-bis. - (Uccisione di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di
un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.
Art. 544-ter. - (Maltrattamento di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una
lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori
insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o
con la multa da 3.000 a 15.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li
sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.
Art. 544-quater. - (Spettacoli o manifestazioni vietati). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli
animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a. 15.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione
all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sè od altri ovvero se ne deriva la
morte dell'animale.
Art. 544-quinquies. - (Divieto di combattimenti tra animali). - Chiunque promuove, organizza o dirige
combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità
fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
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2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo
contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle
competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto
qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo
comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La
stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e
nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo,
organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è
punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Art. 544-sexies. - (Confisca e pene accessorie). - Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su
richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli
articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che
appartenga a persona estranea al reato.
E' altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di
allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è
pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione
dall'esercizio delle attività medesime".
2. All'articolo 638, primo comma, del codice penale, dopo le parole: "è punito" sono inserite le
seguenti: ", salvo che il fatto costituisca più grave reato".
3. L'articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:
"Art. 727. - (Abbandono di animali). - Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito
abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e
produttive di gravi sofferenze".
Art. 2.
Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce)
1. E' vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus) per la produzione o il
confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti,
in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le
stesse nel territorio nazionale. 2. La violazione delle disposizioni di cui al comma 1 è punita con
23
l'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da 5.000 a 100.000 euro. 3. Alla condanna consegue
in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui al comma 1
Art. 3.
(Modifica alle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale)
1. Dopo l'articolo 19-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale sono
inseriti i seguenti:
"Art. 19-ter. - (Leggi speciali in materia di animali). - Le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del
codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di
allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di
attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali. Le
disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applicano altresì alle manifestazioni
storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.
Art. 19-quater. - (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati). - Gli animali oggetto di
provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta
individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'interno":
2. Il decreto di cui all'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice
penale è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 4.(Norme di coordinamento)
1. All'articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, al comma 8, le parole: "ai sensi
dell'articolo 727 del codice penale" sono sostituite dalle seguenti: "con la reclusione da tre mesi ad un
anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro".2. Il comma 5 dell'articolo 5 della legge 14 agosto 1991,
n. 281, è abrogato. 3. Alla legge 12 giugno 1913, n. 611, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 1 è abrogato;
b) all'articolo 2, lettera a), le parole: "dell'articolo 491 del codice penale" sono sostituite dalle seguenti:
"del titolo IX-bis del libro II del codice penale e dell'articolo 727 del medesimo codice";
c) all'articolo 8, le parole: "dell'articolo 491" sono sostituite dalle seguenti: "dell'articolo 727".
Art. 5.(Attività formative)
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1. Lo Stato e le regioni possono promuovere di intesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, l'integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai
fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali e del
loro rispetto, anche mediante prove pratiche.
Art. 6. (Vigilanza)
1. Al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla presente legge, con decreto del Ministro
dell'interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato
entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di
coordinamento dell'attività della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di
finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei. Corpi di polizia municipale e provinciale. 2. La vigilanza
sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata
anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti
prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 . del codice di procedura penale, alle guardie
particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute. 3. Dall'attuazione del
presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per lo Stato e gli enti locali.
Art. 7.(Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni)
1. Ai sensi dell'articolo 91 del codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all'articolo
19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di
tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge.
Art. 8.(Destinazione delle sanzioni pecuniarie)
1. Le entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla presente legge
affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del
Ministero della salute e sono destinate alle associazioni o agli enti di cui all'articolo 19-quater delle
disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale. 2. Con il decreto di cui all'articolo 19-
quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, sono determinati i criteri di
ripartizione delle entrate di cui al comma 1, tenendo conto in ogni caso del numero di animali affidati
ad ogni ente o associazione. 3. Entro il 25 novembre di ogni anno il Ministro della salute definisce il
programma degli interventi per l'attuazione della presente legge e per la ripartizione delle somme di
cui al comma 1.
Art. 9.(Entrata in vigore)
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1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.
REATI CONTRO GLI ANIMALI
ART 544 BIS C.P. UCCISIONE DI ANIMALI
Arresto : non consentito Fermo di indiziato di delitto: non consentito Misure cautelari personali
: non consentite Competenza Tribunale monocratico (art 33 ter c.p.p.) Procedibilità : d’ufficio (art
50 c.p.p.)
ART 544 TER MALTRATTAMENTO DI ANIMALI
Arresto : non consentito Fermo di indiziato di delitto: non consentito Misure cautelari personali
: non consentite Competenza Tribunale monocratico (art 33 ter c.p.p.) Procedibilità : d’ufficio (art
50 c.p.p.)
ART 544 QUATER SPETTACOLI E MANIFESTAZIONI VIETATE
Arresto : non consentito Fermo di indiziato di delitto: non consentito Misure cautelari personali
: non consentite Competenza Tribunale monocratico (art 33 ter c.p.p.) Procedibilità : d’ufficio (art
50 c.p.p.)
ART 544 QUINQUIES DIVIETO DI COMBATTIMENTO TRA ANIMALI
Arresto : commi 1 , 3 e 4, non consentito, comma 2 facoltativo in flagranza (381 c.p.p.) Fermo di
indiziato di delitto: non consentito Misure cautelari personali : commi 1 , 3 e 4, non consentito,
comma 2 consentite (art 280, 287 )Competenza Tribunale monocratico (art 33 ter c.p.p.)
Procedibilità : d’ufficio (art 50 c.p.p.)
ART 2 LEGGE 189 DEL 2004 DIVIETO DI PELLICCE DI CANE E GATTO
Oblazione consentita (art 162 bis c.p.) Autorità giudiziaria competente Tribunale monocratico
(art 33 ter c.p.p.) Procedibilità d’ufficio (art 50 cpp)
ART 727 ABBANDONO DI ANIMALI
Oblazione consentita (art 162 bis c.p.) Autorità giudiziaria competente Tribunale monocratico
(art 33 ter c.p.p.) Procedibilità d’ufficio (art 50 cpp)
ART 638 UCCISIONE O DANNEGGIAMENTO ANIMALI ALTRUI
Arresto comma 1 non consentito comma 2 facoltativo in flagranza (381 cpp) Fermo di indiziato
di delitto: non consentito Misure cautelari personali : commi 1 non consentito, comma 2
consentite (art 280, 287 ) Competenza: comma 1 giudice di pace , comma 2 aggravato ex art 1 Dl
625/79, art 7 Dl 152/91 art 3 Dl 122/93 Tribunale monocratico, comma 2 Tribunale monocatico (art
33 ter cpp) Procedibilità comma 1 a querela di parte (art 336 cpp) comma 2 d’ufficio (art 50 cpp)
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GIURISPRUDENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE - SENTENZA 12 ottobre 2006, n. 34095
MASSIMA
In materia di legittimazione degli enti esponenziali di interessi collettivi a esercitare le facoltà
processuali della persona offesa, il fatto che non sia stato ancora emanato il decreto ministeriale che,
a norma dell’art. 19-quater della legge 20 luglio 2004, n. 189, avrebbe dovuto individuare gli enti e
le associazioni di protezione degli animali, ai quali è affidata la tutela degli interessi lesi dai delitti
contro il sentimento degli animali,non esclude che un’associazione di protezione degli animali possa
essere qualificata come "persona offesa" dal reato in base ai principi generali e al disposto dell’art.
90 c.p.p., e possa per conseguenza essere legittimata a chiedere di essere avvisata della richiesta di
archiviazione ai sensi dell’art. 408, comma 2, c.p.p.
CASUS DECISUS
L'Associazione Nazionale per la Protezione degli Animali (ANPA) denuncia un episodio di
maltrattamenti di animali dando impulso ad un procedimento penale che si conclude con
l’archiviazione. Il difensore dell’associazione presenta ricorso per cassazione avverso il
provvedimento di archiviazione, deducendo la violazione dell’art. 408, comma 2 c.p.p.. La Corte
di cassazione accoglie il gravame, rilevando che, ancorché non sia stato ancora emanato il
decreto ministeriale che, a norma dell’art. 19 quater della l. 20 luglio 2004, n. 189, doveva
individuare gli enti e le associazioni di protezione degli animali, ai quali è affidata la tutela degli
interessi lesi dai delitti contro il sentimento degli animali, un’associazione per la protezione
degli animali può essere qualificata come “persona offesa” dal reato in base ai principi generali e
al disposto dell’art. 90 c.p.p..
ANNOTAZIONE
L’Anpa aveva denunciato un episodio di maltrattamenti di animali il cui procedimento si era
poi concluso con l’archiviazione. Il difensore dell’associazione ha presentato ricorso per
cassazione avverso il provvedimento di archiviazione, deducendo la violazione dell’art. 408,
comma 2 c.p.p.. La Corte accoglie il gravame, rilevando che, ancorché non sia stato ancora
emanato il decreto ministeriale che, a norma dell’art. 19 quater della l. 20 luglio 2004, n. 189,
avrebbe dovuto individuare gli enti e le associazioni di protezione degli animali, ai quali è
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affidata la tutela degli interessi lesi dai delitti contro il sentimento degli animali,
un’associazione per la protezione degli animali può essere qualificata come “persona offesa”
dal reato in base ai principi generali e al disposto dell’art. 90 c.p.p..
SULLA LEGITTIMAZIONE DEGLI ENTI ANIMALISTI
CASS. PEN.- SEZ. III- 12 ottobre 2006, n. 34095- Pres. De Maio- est. Onorato
Fatto e diritto
Su denuncia dell'Associazione Nazionale per la Protezione degli Animali (ANPA), sezione di
Alba Langhe Roero. il pubblico ministero presso il tribunale di Alba apriva un procedimento
penale in ordine al reato di maltrattamento di animali di cui all'art. 727 c.p., che però - su istanza
conforme dello stesso p.m. - si concludeva con l'archiviazione .In data 5.5.2004 la stessa ANPA,
in persona del suo presidente sezionale Renata Cortinovis, formulava istanza di riapertura delle
indagini indicando come fatto nuovo meritevole di investigazioni il decesso di un cane meticcio
in circostanze non chiare. II pubblico ministero riteneva che non fossero necessarie ulteriori
indagini, in particolare perché la circostanza che il cane fosse stato portato a passeggio malgrado
la malattia da cui era affetto non poteva coniigurare quel contributo doloso o colposo al decesso
richiesto dalla norma per integrare la fattispecie di cui all'art. 727 c.p.(vecchio testo).Per
conseguenza, anziché richiedere la riapertura delle indagini ex art. 414 e.p.p., formulava nuova
istanza di archiviazione, posto che la segreteria dell "ufficio, ricevuta l'istanza del 5.5.2004,
l'aveva iscritta nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. come nuova notizia di reato. Riteneva inoltre il
p.m. di non dover dare avviso alla presidente Cortinovis ex art. 408, comma 2. c.p.p., ancorché
questa avesse formalmente domandato di essere avvisata della richiesta di archiviazione, sia
perché 1"istanza del 5.5.2004 in realtà era - appunto - finalizzata solo alla riapertura delle
indagini ex art. 414 c.p.. sia perché l'ente di protezione degli animali non poteva qualificarsi
come persona offesa dal reato e non era neppure legittimata a costituirsi parte civile. Il g.i.p. del
tribunale, con provvedimento dell'I 1.1.2005, condividendo integralmente la argomentazioni del
p.m., disponeva l'archiviazione del procedimento.2 - Il difensore della Cortinovis, nella suddetta
qualità, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l'annui lamento del provvedimento per
violazione dell'art. 408. comma 2. c.p.p.. Sostiene che trattasi di un provvedimento abnorme,
perché non ha rispettato il diritto della persona offesa di essere avvisata della richiesta di
archiviazione a norma di legge. Precisa che in base alla giurisprudenza corrente l'ANPA, anche
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indipendentemente dall'applicazione dell'art. 91 c.p.p., doveva essere considerata parte offesa, in
quanto statutariamente portatrice di interessi lesi dal reato previsto dall'art. 726 c.p.3 - Il
procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Nella sua requisitoria
scritta osserva che il provvedimento impugnato non era in realtà un decreto di archiviazione e
quindi si sottraeva alla disciplina prevista dagli artt. 408-410 c.p.p.. Infatti gli adempimenti
amministrativi (nella specie, l'iscrizione di un nuovo procedimento penale) non possono
modificare il contenuto giurisdizionale degli atti (nella specie l'istanza di riapertura delle
indagini), con la conseguenza che la richiesta di archiviazione formulata dal p.m. in ragione di
quella nuova registrazione equivaleva in realtà alla decisione di non accogliere la sollecitazione a
formulare richiesta di riapertura delle indagini, che a lui solo spettava ex art. 414 c.p.p..4 - Con
memoria depositata in cancelleria il 13.3.2006 ai sensi dell'art. 121 c.p.p. il difensore di Ivnzo
Novello, indagato nel procedimento de quo, argomenta ulteriormente per l'inammissibilità del
ricorso. Sostiene che, per il principio di tassatività delle impugnazioni, se è possibile ricorrere
contro il provvedimento di archiviazione ex art. 406, comma 6. c.p.p., non è possibile impugnare
il diniego di riapertura delle indagini dopo la precedente archiviazione. Spetta solo al pubblico
ministero, anche dietro sollecitazione dell'interessato, formulare al g.i.p. richiesta per la riapertura
delle indagini. Con un secondo motivo sostiene che non è possibile riesaminare in sede di
legittimità la valutazione negativa che il giudice di merito ha operato circa i concreti presupposti
di applicazione dell'art. 91 c.p.p. relativamente all'ente esponenziale di interessi collettivi.5 Ad
avviso del collegio, il ricorso è fondato e merita accoglimento. Non può negarsi che l'istanza
presentata il 5.5.2004 dalla presidente Cortinovis, nonostante sollecitasse formalmente una
riapertura delle indagini già concluse con l'archiviazione, era in sostanza fondata su un "l'atto
nuovo" rispetto a quelli per cui era intervenuto il decreto di archiviazione, e cioè la morte di un
cane meticcio "in circostanze non chiare". Proprio perché il giudice aveva già disposto
l'archiviazione delle indagini precedenti, sicuramente l'istanza non costituiva esercizio di quel
potere che l'art. 410 c.p. attribuisce alla persona offesa di opporsi alla richiesta di archiviazione
chiedendo la prosecuzione delle indagini
Risponde quindi al contenuto reale della predetta istanza-denunzia sia la scelta (amministrativa)
dell'ufficio del pubblico ministero di iscrivere la nuova notizia di reato nel registro di cui all'art.
335 e.p.p., sia la successiva scelta (giudiziaria) del sostituto procuratore della Repubblica di
chiedere l'archiviazione del procedimento ex art. 408 e.p.p., anziché di respingere la
sollecitazione a richiedere la riapertura delle indagini ex art. 414 e.p.p.. Per conseguenza, però, il
pubblico ministero doveva preventivamente notificare la richiesta di archiviazione alla
Cortinovis. quale presidente dell'ANPA, che aveva chiesto di essere a tal uopo avvisata, ai sensi
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dell'art. 408, comma 2, e.p.p..
6 - Non può infatti condividersi la tesi dello stesso p.m.„ poi accolta dal giudice, secondo cui
l'ente di protezione degli animali non solo non poteva costituirsi parte civile, ma neppure poteva
qualificarsi come persona offesa dal reato, e quindi non era legittimato ad opporsi alla richiesta di
archiviazione e a. chiedere di essere preventivamente avvisato al riguardo.In materia di
legittimazione degli enti esponenziali di interessi collettivi a esercitare le facoltà processuali della
persona offesa è recentemente intervenuta la legge 20.7.2004 n. 189, la quale - oltre a introdurre
nel titolo IX bis del codice penale i delitti contro il sentimento per gli animali e a modificare la
contravvenzione di cui all'art. 727 e.p. - con l'art. 7 ha stabilito che "ai sensi dell'art. 91 del codice
di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all'art. 19 quater delle disposizioni di
coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai
reati previsti dalla presente legge".L'art. 19 qualcr disp. coord. cod. pen., introdotto dall'art. 3
della stessa legge, prevede che agli enti o alle associazioni di protezione degli animali individuati
con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'interno, siano affidati gli
animali sequestrati o confiscati.
Infine l'art. 91 c.p.p. com'è noto - stabilisce che "gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai
quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in
forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e
grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato"
Si configura quindi un sistema in cui gli enti di protezione degli animali individuati con decreto
ministeriale sono considerati per legge soggetti offesi dai reati previsti dalla legge 189/2004.e
cioè dai delitti contro il sentimento degli animali (artt. 544 his- 544 quinquies e.p.) e dalla
contravvenzione prevista dal nuovo art. 727 e.p..
A tut’oggi peraltro il decreto ministeriale previsto dal predetto art. 19 qualer non è stato ancora
emanato, sicché non è possibile identificare ex lege gli enti collettivi offesi dai reati suddetti.
7 - Ciò però non esclude che un'associazione di protezione degli animali possa essere qualificata
come "persona offesa" dal reato in base ai principi generali e al disposto dell'art. 90 c.p.p., e
possa per conseguenza essere legittimata a chiedere di essere avvisata della richiesta di
archiviazione ai sensi dell'art. 408, comma 2, c.p.p..
Invero, se la persona offesa dal reato è - per unanime approdo di dottrina e giurisprudenza - il
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soggetto titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, non può dubitarsi che
un'associazione statutariamente deputata alla protezione degli animali sia portatrice degli interessi
penalmente tutelati dai reati di cui agli artt. 544 his, 544 ter, 544 qualcr, 544 quinquies e 727 e.p..
Si deve quindi concludere che, anche indipendentemente dall'applicazione dell'art. 91 c.p.p.,
un'associazione che abbia come scopo statutario la tutela degli animali è legittimata a chiedere di
essere avvisata ex art. 408, comma 2, c.p.p. della richiesta di archiviazione per i suddetti reati, in
quanto soggetto offeso dai reati stessi.
Ne deriva per il caso di specie la nullità dclFimpugnato provvedimento di archiviazione, che
essendo stato emanato senza previo avviso alla persona offesa ehe l'aveva richiesto, ha violato il
diritto processuale di intervento della ricorrente Cortinovis, nella qualità di rappresentante legale
dell'ANPÀ, ai sensi degli arti. 127, comma 5, 409, comma 6, e.p.p. così come interpretati e
modificati dalla sent. 353/1991 della Corte costituzionale. Gli atti vanno restituiti al pubblico
ministero competente per l'esercizio delle facoltà spettantegli secondo legge.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la
trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Alba. Così deciso in Roma il 12.5.2006
SUL RAPPORTO DI SPECIALITA’
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
(Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi)
N. 17394/'05 R.G.
Omissis
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Voghera datata 17/1/'05, Giuseppe
Eugenio Boventi veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
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generiche, alla pena di E 1.000,00 di ammenda quale colpevole del reato previsto dall'art. 727
c.p., del quale era chiamato a rispondere per avere, il 12/1/'03, utilizzato in Borgoratto
Mormorolo, al fine di richiamare a scopo di caccia gli uccelli, una cesena viva legata ad una
cordicella, strattonandola e facendole compiere continui decolli e conseguenti
ricadute.Affermava, fra l'altro, il Giudice di merito: - che la responsabilità penale dell'imputato,
in ordine al reato ascrittogli, era in atti provata dalle dichiarazioni del verbalizzante Sergio
Carlissi, agente venatorio, il quale aveva riferito d'aver sorpreso il Boventi in un capanno da
caccia e di avere accertato che lo stesso, al fine di attirare degli uccelli in volo, dopo avere legato
ad una fune una cordicella con la quale aveva imbracato una cesena viva, dall' interno del detto
capanno tirava detta fune così inducendo l'animale a sollevarsi in volo, per poi subito dopo
ricadere, in quanto trattenuto dal legaccio;- che tale fatto doveva ritenersi integrare un'ipotesi di
sevizia dal momento che la ripetitività ossessiva di esso aveva sicuramente inciso sull'istinto
naturale del volatile dandogli, dapprima, la sensazione di poter volare e costringendolo, subito
dopo, a ricadere a terra o su un albero.Avverso tale decisione l'imputato ha proposto ricorso per
Cassazione onde chiederne l'annullamento per violazione di legge e difetto ed illogicità di
motivazione.Deduce, in particolare, il ricorrente:
a) che egli sarebbe stato condannato in applicazione di una norma di legge -l'art. 727 c.p.- che al
momento del giudizio era stata abrogata dalla L. 20N111'04, n. 189;b) che non vi sarebbe
continuità normativa fra l'art. 727 c.p., vigente al momento del fatto e l'art. 544 ter c.p., inserito
nel libro secondo del codice penale dalla citata L. 189/'04, prevedendo, il primo, una
contravvenzione punibile a titolo di colpa ed, il secondo, un delitto punibile a titolo di dolo;c)
che, in ogni caso, egli dal fatto ascrittogli avrebbe dovuto essere assolto, a norma dello art. 51
c.p., avendolo commesso nell'esercizio di attività venatoria da considerarsi legittima perché la
cesena non era legata per le ali, ma imbracata nel corpo;d) che la norma di cui all'art. 544 ter c.p.
non sarebbe a lui applicabile perché l'art. 19 ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie
del codice penale prevede che le disposizioni di cui al titolo DC bis del libro secondo del detto
codice non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia;e) che il Giudice
di merito non avrebbe indicato per quali ragioni la condotta di esso imputato avrebbe cagionato
alla cesena ingiustificate sofferenze.
Motivi della decisione
Il ricorso è destituito di fondamento e, come tale, deve essere rigettato, con conseguente
condanna del ricorrente -a mente dell'art. 616 c.p.p.- al pagamento delle spese processuali.Il
maltrattamento di animali, all'epoca del fatto ascritto al Boventi previsto come reato dallo art. 727
c.p., ha conservato carattere di illecito penale, senza soluzioni di continuo, anche dopo la entrata
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in vigore della L. 20/VII/'04, n. 189 la quale ha introdotto, nell'ordinamento giuridico vigente,
l'art. 544 ter c.p..Ciò non solo per l'identità della rubrica delle due norme "Maltrattamento di
animali", ma soprattutto perché le condotte punibili, previste, sono rimaste identiche -
sottoposizione a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le
caratteristiche ecologiche dell'animale" ed analoghe sono le finalità o modalità di tali condotte
"per crudeltà o senza necessità".
Il delitto previsto dall'art. 544 ter c.p. è reato di dolo specifico solo se commesso "per crudeltà",
mentre per esso è sufficiente il dolo generico se posto in essere "senza necessità".Nella fattispecie
in esame il reato è stato contestato all'imputato come commesso non per crudeltà, ma senza
necessità, sicché per la configurabilità di esso è sufficiente l'avere accertato che la relativa
condotta fu posta in essere con coscienza e volontà, ritenute esistenti dai Giudici di merito, visto
che consapevolmente il Boventi aveva legato ad una fune una cesena viva, strattonandola,
facendola alzare in volo e ricadere su un albero, al fine di richiamare gli uccelli in volo.
Premessa, dunque, la illiceità penale del fatto anche sotto l'imperio della nuova normativa (art.
544 ter c.p.), la legge da applicare al caso concreto, anche ai fini dell'individuazione del
trattamento sanzionatorio, è stata legittimamente ritenuta essere quella dell'art. 727 c.p. vigente
all'epoca del fatto, in quanto certamente più favorevole all'imputato.
La circostanza che il Giudice di' merito non abbia esplicato, nella motivazione della decisione
impugnata, lo "iter" logico testé evidenziato non è causa di annullamento della sentenza, stante la
correttezza giuridica della soluzione adottata.L'esimente dell'esercizio di un diritto, invocata dal
ricorrente, non è applicabile alla fattispecie in esame.
Invero, la L. 11/02/'92, n. 157, consente l'uso, a scopo venatorio, di richiami vivi, ma vieta che ad
esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, quali sono gli uccelli, siano arrecate ingiustificate
sofferenze, con offesa al comune sentimento di pietà verso gli animali ed, a tal fine, elenca -con
carattere meramente esemplificativo- dei comportamenti da considerarsi vietati, ma non legittima
l'uso di richiami vivi con modalità parimenti offensive.
Detta legge, infatti, non esaurisce la tutela della fauna in quanto limiti alle pratiche venatorie
sono posti anche dal previgente art. 727 c.p. e dall'attuale art. 544 ter c.p., i quali hanno ampliato
la sfera della menzionata tutela attraverso il divieto di condotte atte a procurare agli animali
strazio, sevizie o, comunque, detenzione attraverso modalità incompatibili con la loro natura.
Da ciò deriva che la legittimità delle pratiche venatorie consentite sulla base della L. 157/'92 deve
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essere verificata anche alla luce delle norme del codice penale sù richiamate (v. conf Cass. sez.
III pen, 25/VI/'99, n. 8890 ; 191V/'98, n. 5868 e 201V/'97, n. 4703).
In virtù di tale principio di diritto, l'uso di richiami vivi deve ritenersi vietato non solo nelle
ipotesi previste espressamente dall'art. 21 co. 1 lett. r) L. 157/'92, ma anche quando viene attuato
con modalità incompatibili con la natura dell'animale e non v'è dubbio che imbracare un volatile,
legarlo da una fune, strattonarlo ed indurlo a levarsi in volo, per poi ricadere pesantemente a terra
o su un albero, significa sottoporre Io stesso, senza necessità, a comportamenti e fatiche
insopportabili e non compatibili con la natura ecologica di esso.Per l'applicabilità dell'esimente di
cui all'art. 51 c.p. non è sufficiente che l'ordinamento attribuisca allo agente un diritto, ma è
necessario che ne consenta l'esercizio proprio con l'attività e le modalità che, per altri,
costituirebbero reato, sicché essa non ricorre nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo
consentita, sottopone l'animale -per le concrete modalità della sua attuazione- a sofferenze non
giustificate dall'esigenza della caccia (v. conti Cass. sez. III pen., 95/203300 e sez. V pen.,
90/183403).Vero è che l'art. 19 ter delle disposizioni transitorie del codice penale, introdotto
dall'art. 3 L. 189/'04, stabilisce che "le disposizioni del titolo IX bis del libro Il del codice penale
-fra cui rientra l'art. 544 ter- non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di
caccia, ... ", ma è anche vero che, come sopra evidenziato, l'uso a scopo venatorio di richiami vivi
con modalità che, se anche non vietate espressamente dalla L. 157/'92, debbono ritenersi illecite,
non costituisce alcun dei casi previsti dalla legge speciale in materia.
L'uso della cesena, a fini di richiamo vivo di altri uccelli, con le modalità attuate dal Boventi, ha
comportato all'animale sofferenze non compatibili con la natura etologica di esso, ben
evidenziate nella motivazione della decisione impugnata e che non avevano bisogno di essere
ulteriormente esplicitate dal Giudice di merito, essendo insite nel fatto che il volatile era stato
innaturalmente costretto a levarsi ripetute volte in volo ed a ricadere pesantemente a terra o su un
albero.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso proposto da Giuseppe Eugenio Boventi avverso
la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Voghera, datata 17/I/'05 e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
M A S S I M E
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1) Flora e fauna - Maltrattamento di animali - Condotta “crudele” tenuta “senza necessità” - Dolo
generico - Art. L. n. 157/1992 - Art. 727 - Art. 544 Ter cod. pen. - Continuità normativa. Tra il
reato di cui all’art. 727 cod. pen. e quello introdotto all’art. 544 ter cod. pen. dalla legge
20/7/2004 n. 189 sussiste continuità normativa non solo per l’identità della rubrica
(Maltrattamento di animali), ma anche perchè sono rimaste identiche le condotte punibili. La
Corte ha precisato che il nuovo delitto si configura come reato a dolo specifico nel caso in cui la
condotta sia tenuta “per crudeltà”, e a dolo generico quando essa è tenuta “senza necessità”,
applicandosi in tal caso la legge più favorevole al reo. (Presidente U. Papadia, Relatore A.
Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n.
46784
2) Flora e fauna - Delitti contro il sentimento per gli animali - Esimente dell’esercizio di un
diritto - Insussistenza - Fattispecie - Art. 727 c.p. - Art. 544 Ter c.p. - Art. 19 Ter disp. coord.
cod. pen. - Art. L. n. 157/1992. Non può essere applicata l’esimente dell’esercizio di un diritto a
favore di un cacciatore che utilizzi richiami vivi violando le prescrizioni dettate dal previgente
art. 727 cod. pen. e dal nuovo art. 544 ter cod. pen., in quanto l’uso di richiami vivi è vietato non
solo nelle ipotesi previste dall’art. 21 della legge 11/2/1992 n. 157 ma anche quando viene attuato
con modalità incompatibili con la natura dell’animale, come nel caso di specie dove l’animale era
imbragato nel corpo, in modo da consentirgli di spiccare il volo, costringendolo subito dopo a
ricadere al suolo. La Corte ha osservato che, pur prescrivendo l’art. 19 ter disp. coord. cod. pen.
che le disposizioni di cui al titolo IX bis del libro II cod. pen. non si applicano ai casi previsti
dalla legge speciale sulla caccia, tale norma non impedisce l’applicazione delle disposizioni
dell’art. 544 ter cod. pen. quando la condotta, pur non essendo vietata esplicitamente dalla legge
speciale, non rientra neppure tra quelle consentite. (Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi).
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784
3) Caccia - Tutela della fauna - Richiami vivi a scopo venatorio - Limiti - Disciplina applicabile.
In tema di caccia, L. 11/02/'92, n. 157, consente l'uso, a scopo venatorio, di richiami vivi, ma
vieta che ad esseri viventi dotati di sensibilità psico-fisica, quali sono gli uccelli, siano arrecate
ingiustificate sofferenze, con offesa al comune sentimento di pietà verso gli animali ed, a tal fine,
elenca -con carattere meramente esemplificativo- dei comportamenti da considerarsi vietati, ma
non legittima l'uso di richiami vivi con modalità parimenti offensive. Pertanto, L. n.157/92, non
esaurisce la tutela completa della fauna in quanto limiti alle pratiche venatorie sono posti anche
dal previgente art. 727 c.p. e dall'attuale art. 544 ter c.p., i quali hanno ampliato la sfera della
menzionata tutela attraverso il divieto di condotte atte a procurare agli animali strazio, sevizie o,
comunque, detenzione attraverso modalità incompatibili con la loro natura. Sicché, risulta
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pacifico che la legittimità delle pratiche venatorie consentite sulla base della L. 157/'92 deve
essere verificata anche alla luce delle norme del codice penale sù richiamate (v. conf Cass. sez.
III pen, 25/VI/'99, n. 8890 ; 191V/'98, n. 5868 e 201V/'97, n. 4703). (Presidente U. Papadia,
Relatore A. Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005),
Sentenza n. 46784
4) Caccia - Tutela della fauna - Uso dei richiami vivi a scopo venatorio - Limiti - Modalità
incompatibili con la natura dell'animale - Sofferenze non giustificate dall'esigenza della caccia -
Disciplina applicabile. L'uso di richiami vivi deve ritenersi vietato non solo nelle ipotesi previste
espressamente dall'art. 21 co. 1 lett. r) L. 157/'92, ma anche quando viene attuato con modalità
incompatibili con la natura dell'animale. Nella apecie non v'è dubbio che imbracare un volatile,
legarlo da una fune, strattonarlo ed indurlo a levarsi in volo, per poi ricadere pesantemente a terra
o su un albero, significa sottoporre Io stesso, senza necessità, a comportamenti e fatiche
insopportabili e non compatibili con la natura ecologica di esso. Infine, per l'applicabilità
dell'esimente di cui all'art. 51 c.p. non è sufficiente che l'ordinamento attribuisca allo agente un
diritto, ma è necessario che ne consenta l'esercizio proprio con l'attività e le modalità che, per
altri, costituirebbero reato, sicché essa non ricorre nel caso in cui la pratica venatoria, pur essendo
consentita, sottopone l'animale -per le concrete modalità della sua attuazione- a sofferenze non
giustificate dall'esigenza della caccia (v. conti Cass. sez. III pen., 95/203300 e sez. V pen.,
90/183403). (Presidente U. Papadia, Relatore A. Grassi). CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez.
III, 21/12/2005 (Ud. 5/12/2005), Sentenza n. 46784